La perdita netta di benessere sociale che provocherebbe il raddoppio della linea ferroviaria Napoli-Bari, un progetto da quattro miliardi di euro, è di 837 milioni di euro. È la stima ottenuta applicando tecniche di analisi costi-benefici riconosciute a livello internazionale.

Secondo la Rete ferroviaria italiana (Rfi), un’agenzia del Gruppo ferrovie dello stato, l’opera garantisce un beneficio di 683 milioni di euro. Come mai questa differenza?

Le analisi dell’Rfi sono viziate in almeno tre aspetti: gli studi sono eseguiti da soggetti interessati a far accettare il progetto, non si confrontano tra loro progetti alternativi, ci sono errori banali nei calcoli. Per esempio, non è presa correttamente in esame la fattibilità finanziaria del progetto, presumendo che non ci sono rendimenti finanziari e che lo stato paga tutto.

Per quanto riguarda i benefici ambientali, l’Rfi pone l’accento sulla riduzione di emissioni favorita dallo spostamento di traffico. Ma nella migliore delle ipotesi ci vorrebbero 34 anni per recuperare l’anidride carbonica emessa dal cantiere. La confusione tra l’offerta e la domanda porta l’Rfi a prevedere un traffico quattro volte superiore a quello “verosimile”.

Non è la prima volta che vengono segnalati errori come questo, che distorcono sensibilmente i risultati. Non bisogna pensare che le analisi costi-benefici siano il vangelo, soprattutto in periodi di crisi come quello attuale. Ma sono ancora lo strumento migliore per confrontare investimenti alternativi in un settore. Evitiamo, però, di chiedere all’oste se il vino è buono.

Internazionale, numero 889, 17 marzo 2011

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