Claude Thélot diresse e portò a compimento nel 2006 la grande rilevazione sociale delle proposte per la scuola francese, avviata per impulso di Jacques Chirac nel 2003. Era e resta un lavoro esemplare e che non aveva allora equivalenti in altri paesi (da un paio d’anni vi si accostano i rapporti periodici elaborati in Svizzera e Germania).
Una volta presentato il rapporto finale, Thélot ha poi però lamentato un’opaca assenza di reazioni da parte dell’intellettualità francese. Ma, dice la Bibbia, “il cuore di ciascuno conosce l’amaritudine dell’anima sua”: al confronto con recenti lamentazioni autobiografiche di illustri intellettuali italiani in materia di scuola, diversi contributi francesi volano ben più alti.
Si è già qui accennato a un rilevante intervento di un giornalista e saggista, Fabrice Hervieu-Wane. La sua esperienza di esploratore delle realtà intellettuali e scolastiche africane lo porta a guardare ai problemi dell’educazione in Francia, che ha studiato più volte da presso, con uno sguardo acuto e distaccato. Un problema che pone e che torna in altri interventi è quello della disaffezione dei giovani negli ultimi anni delle superiori.
Hervieu-Wane suggerisce un ripensamento radicale dei contenuti dell’insegnamento. Sul modo di realizzarlo, come vedremo, sono ora intervenuti in Le Monde un noto intellettuale di destra, Alain Finkielkaut, e, con serrate analisi, François Dubet in un bel convegno dell’Adi, l’Associazione docenti italiani.
Internazionale, numero 894, 22 aprile 2011
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