Ogni paese membro dell’Unione europea deciderà se aderire o meno al sistema di ripartizione dei 40 mila richiedenti asilo arrivati sulle coste italiane e greche, che Roma insisteva per distribuire tra tutti e 28 i partner. Il Consiglio europeo ha quindi firmato un accordo, ma più blando di quanto prevedeva la bozza della Commissione
I leader europei hanno trovato un accordo sulla ridistribuzione nei diversi paesi dell’Unione europea di 40mila richiedenti asilo arrivati in Grecia e Italia da aprile.
In un vertice che è andato davanti nella notte i rappresentanti dei paesi membri dell’Unione hanno deciso che l’adesione al sistema di quote sarà volontaria e non obbligatoria, come previsto dalla prima bozza dell’agenda europea sull’immigrazione presentata il 12 maggio.
Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha detto che l’accordo c’è stato e che i richiedenti asilo saranno spostati nei prossimi due anni. “I ministri dell’interno discuteranno dei dettagli del piano entro la fine di luglio”, ha detto Tusk. C’è stato un accordo anche sulla ricollocazione di circa ventimila profughi a cui è stata riconosciuta la protezione internazionale e che si trovano attualmente nei campi profughi in paesi non europei.
Secondo Frontex, dall’inizio dell’anno sono arrivate in Italia 62mila persone, 63mila in Grecia e diecimila passando dalla Serbia e dall’Ungheria solo a maggio.
Secondo il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, non c’è accordo tra i 28 paesi membri dell’Unione europea sull’obbligatorietà delle quote di ripartizione dei richiedenti asilo in Europa.
Tusk arrivando al summit europeo in cui si discuterà di immigrazione e della crisi greca ha detto: “Non c’è accordo tra gli stati sulle quote. Ci vuole ancora tempo per trovare un accordo”. Per Tusk la priorità del Consiglio europeo sarà il contenimento dell’immigrazione irregolare.
Il presidente del Consiglio europeo ha detto che si andrà verso un sistema basato sull’adesione volontaria e non obbligatoria alle quote. “Ma un meccanismo su base volontaria non deve essere una scusa per non fare niente. Una solidarietà senza sacrifici è ipocrisia”, ha detto Tusk.
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