Il presidente uscente Nayib Bukele, noto per la sua guerra alle bande criminali, ha affermato il 4 febbraio di essere stato rieletto per un secondo mandato grazie alla vittoria nel primo turno delle elezioni presidenziali “con più dell’85 per cento dei voti”.
“Il popolo del Salvador ha parlato forte e chiaro, votando per me con la percentuale più alta della storia”, ha dichiarato tra gli applausi dei suoi sostenitori.
Secondo i risultati parziali annunciati dal Tribunale elettorale supremo (Tse), Bukele ha ottenuto l’82,9 per cento dei voti con il 31,49 per cento delle schede scrutinate.
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Bukele, 42 anni, al potere dal 2019, ha aggiunto che il suo partito Nuevas ideas “ha conquistato almeno 58 dei sessanta seggi dell’assemblea legislativa”.
Il presidente ha promesso di prolungare lo stato d’emergenza, in vigore dal 2022, che consente arresti senza mandato e di schierare l’esercito nelle strade.
Grazie a questo regime speciale, circa 75mila persone sono state arrestate negli ultimi due anni. Più di dodicimila affiliati alle bande Ms-13 e Barrio 18 sono attualmente detenuti in condizioni molto rigide in un’enorme prigione da 40mila posti.
“Oggi il nostro paese, un tempo il più pericoloso del mondo, è il più sicuro del continente americano”, ha affermato Bukele dopo la vittoria.
Il tasso di omicidi è passato da 87 per centomila abitanti nel 2019 a 2,4 per centomila abitanti nel 2023. Gli omicidi attribuibili alle maras, le bande criminali, sono scesi da più di ottocento nel 2019 a 57 nel 2023, secondo l’ong Armed conflict location and event data project (Acled).
L’ambasciata cinese in Salvador ha inviato a Bukele le sue “sincere congratulazioni per una vittoria storica”, dicendosi disponibile a “rafforzare i legami di amicizia e cooperazione tra i due paesi”.
Di recente la Cina ha finanziato per intero un progetto da 54 milioni di dollari per la costruzione di una grande biblioteca nel centro della capitale San Salvador, accanto al Palazzo nazionale.
Gli avversari di Bukele denunciano però una deriva autoritaria. Dopo aver sostituito i giudici della corte suprema e il procuratore generale, il presidente ha aggirato la costituzione, che vieta due mandati consecutivi, dimettendosi sei mesi prima del voto.