Il 12 febbraio Israele ha affermato di aver liberato due ostaggi a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, nel corso di un’operazione notturna che secondo Hamas ha causato un centinaio di vittime.
“Fernando Simon Marman, 60 anni, e Louis Har, 70 anni, sono stati liberati durante un’operazione notturna a Rafah condotta congiuntamente dall’esercito, dallo Shin Bet e dalla polizia”, hanno dichiarato le autorità israeliane, aggiungendo che il primo ministro Benjamin Netanyahu ha seguito tutto da una sala di controllo.
Le forze israeliane hanno fatto irruzione con degli esplosivi in un edificio di Rafah in cui si trovavano gli ostaggi, ha affermato l’esercito.
“È scoppiato uno scontro a fuoco in cui sono rimasti uccisi molti terroristi e uno dei nostri soldati”, ha dichiarato il portavoce dell’esercito Daniel Hagari.
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Secondo il ministero della salute di Hamas, circa cento persone sono morte in un attacco che ha coinvolto numerosi edifici a Rafah, una città al confine con l’Egitto dove, secondo le Nazioni Unite, vivono ammassati 1,4 milioni di palestinesi, in grande maggioranza sfollati.
I due ostaggi, di nazionalità israeliana e argentina, sono stati trasferiti in un ospedale a Ramat Gan, vicino a Tel Aviv, dove sono “in condizioni stabili”, ha dichiarato Arnon Afek, direttore della struttura.
La settimana scorsa Netanyahu aveva ordinato all’esercito di prepararsi per un’operazione di terra a Rafah, simile a quelle già condotte a Gaza e a Khan Yunis, suscitando la preoccupazione della comunità internazionale.
L’11 febbraio Hamas ha avvertito che un’operazione a Rafah avrebbe reso impossibile qualsiasi accordo per il rilascio degli ostaggi rapiti durante l’attacco del 7 ottobre.
Lo stesso giorno, nel corso di una conversazione telefonica, il presidente statunitense Joe Biden ha esortato Netanyahu a “garantire la sicurezza” dei civili palestinesi che si trovano a Rafah, evitando di aggravare la catastrofe umanitaria in corso.
“La vittoria è a portata di mano”, ha dichiarato Netanyahu all’emittente statunitense Abc News, descrivendo Rafah come “l’ultima roccaforte di Hamas”.
“Israele aprirà un corridoio per permettere ai civili di lasciare la città”, ha aggiunto, senza chiarire dove potrebbero andare.
“Nelle condizioni attuali, considerando la densità della popolazione, Washington non può sostenere un’operazione militare israeliana a Rafah”, ha dichiarato un alto funzionario dell’amministrazione statunitense, sottolineando che i civili non hanno “alcun posto dove andare”.
Secondo le autorità di Hamas, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha causato finora la morte di più di ventottomila persone, più dell’1 per cento della popolazione del territorio. L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha invece causato circa 1.140 vittime in Israele, secondo un conteggio dell’Afp basato sugli ultimi dati israeliani disponibili.