Due giovani sono rimasti uccisi il 26 febbraio nel primo giorno di uno sciopero generale a oltranza in Guinea, dove la giunta militare al potere dal 2021 reprime qualunque forma di dissenso.
Lo sciopero è stato proclamato dai sindacati, con il sostegno dei principali partiti e delle organizzazioni della società civile, in un contesto di forti tensioni sociali.
La settimana scorsa la giunta militare, guidata dal colonnello Mamadi Doumbouya, aveva destituito il governo senza fornire spiegazioni, ordinando inoltre il blocco dei conti bancari e il sequestro dei passaporti dei ministri.
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L’obiettivo dello sciopero generale è ottenere una riduzione dei prezzi dei generi alimentari, una maggiore libertà per i mezzi d’informazione e la scarcerazione del giornalista e leader sindacale, Sékou Jamal Pendessa.
“Lo sciopero proseguirà finché le nostre richieste saranno accolte”, ha affermato Amadou Diallo, portavoce del movimento sindacale.
Il 26 febbraio la capitale Conakry sembrava una città morta, con le strade vuote e le banche, le scuole e i negozi chiusi.
I servizi pubblici e gli ospedali hanno garantito un servizio minimo, ha riferito un collaboratore dell’Afp.
Due giovani sono morti negli scontri scoppiati tra le forze di sicurezza e i manifestanti in alcuni quartieri di periferia di Conakry.
“Hanno ucciso nostro figlio, gli hanno sparato al collo”, ha dichiarato all’Afp Adama Keita. La vittima aveva 18 anni. Queste informazioni sono state confermate all’Afp da un poliziotto che ha chiesto di restare anonimo e da un altro testimone.
Un altro ragazzo è morto in circostanze simili, ha dichiarato all’Afp un medico dell’ospedale Jean Paul II.
Sottoposta a forti pressioni internazionali, la giunta militare ha fatto sapere che restituirà il potere ai civili entro la fine del 2024. Il 25 febbraio la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cédéao/Ecowas) ha annunciato la revoca delle sanzioni finanziarie ed economiche imposte al paese dopo il colpo di stato.
Tra gennaio e febbraio del 2007, all’epoca del regime autoritario del presidente Lansana Conté, la repressione di una serie di scioperi aveva causato 186 vittime, secondo alcune ong.