Una nave della guardia costiera cinese nel mar Cinese meridionale, il 16 maggio 2024. (Ted Aljibe, Afp)

Una collisione tra una nave filippina e un’imbarcazione cinese si è verificata il 17 giugno al largo delle Isole Spratly, nel mar Cinese meridionale, in un momento di forti tensioni tra i due paesi, che si sono attribuiti reciprocamente la responsabilità dell’incidente.

“Una nave da rifornimento filippina ha ignorato ripetuti avvertimenti e si è avvicinata a un’imbarcazione cinese in modo poco professionale, causando una collisione”, ha affermato la guardia costiera cinese in un comunicato.

Pechino ha accusato la nave filippina di essere “entrata illegalmente nelle acque vicine a Ren’ai Jiao”, il nome cinese del Second Thomas shoal, un atollo sommerso delle Isole Spratly.

Le forze armate filippine hanno respinto la versione di Pechino, denunciando “affermazioni fuorvianti e falsità”.

L’atollo si trova a circa duecento chilometri dall’arcipelago filippino di Palawan e a più di mille dall’isola cinese di Hainan.

All’inizio del mese l’esercito di Manila aveva denunciato il “sequestro illegale” da parte di navi cinesi di cibo e medicinali sganciati per via aerea e destinati a un avamposto militare filippino sull’atollo.

Pochi giorni dopo la guardia costiera filippina aveva pubblicato un video che mostra imbarcazioni cinesi ostacolare due navi filippine che cercavano di prelevare un soldato per sottoporlo a cure mediche.

Riserve di petrolio

Pechino rivendica la quasi totalità del mar Cinese meridionale, comprese acque e isole che si trovano vicino alle coste di altri paesi, nonostante una sentenza sfavorevole della giustizia internazionale nel 2016.

Anche i governi di Filippine, Brunei, Malaysia, Taiwan e Vietnam rivendicano varie scogliere e isolotti nella zona, che potrebbe ospitare importanti riserve di petrolio.

L’esercito filippino ha allestito un avamposto militare in una nave da guerra arenata sul Second Thomas shoal per difendere le rivendicazioni di Manila nella zona.

Anche Pechino ha allestito postazioni militari su alcune scogliere e barriere coralline.

Inoltre, il 15 giugno la Cina ha autorizzato la sua guardia costiera a trattenere gli stranieri “sospettati di aver violato le acque territoriali cinesi”.