Il 2 luglio la giustizia cambogiana ha condannato dieci attivisti per l’ambiente a pene tra i sei e gli otto anni di prigione, in quello che le organizzazioni per i diritti umani hanno definito “un tentativo d’imbavagliare l’opposizione”.

La pena più pesante è stata comminata a tre imputati, accusati anche di lesa maestà, ha dichiarato all’Afp Am Sam Ath, della Lega cambogiana per la difesa dei diritti umani (Licadho). Tra loro c’è anche lo spagnolo Alejandro Gonzalez-Davidson, cofondatore dell’ong Mother nature Cambodia, espulso dal paese nel 2015.

“Siamo molto delusi”, ha affermato Am Sam Ath, “per il tribunale i giovani attivisti che si battono per la tutela dell’ambiente e dei princìpi democratici sono nemici dello stato”.

Davanti al tribunale della capitale Phnom Penh, dove si è svolto il processo, quattro degli attivisti condannati sono stati portati via in auto dalla polizia, ha riferito un giornalista dell’Afp. Gli altri imputati non erano invece presenti.

I quattro attivisti avevano raggiunto il tribunale con decine di sostenitori simulando un corteo funebre e indossando abiti bianchi, il colore associato al lutto. “Non c’è giustizia, non abbiamo fatto niente di male”, ha dichiarato ai giornalisti Phuon Keoraksmey, 23 anni, di Mother nature Cambodia.

A giugno l’ong Human rights watch aveva definito il processo un tentativo di “reprimere il dissenso”.

“Da circa dieci anni Mother nature Cambodia si batte contro la corruzione nella gestione delle risorse naturali del paese, denunciando in particolare la distruzione dei laghi della capitale Phnom Penh in nome dell’espansione urbana e del disboscamento illegale.

Negli ultimi anni gli attivisti per l’ambiente, accusati di ostacolare lo sviluppo economico di uno dei paesi più poveri dell’Asia, sono finiti nel mirino delle autorità cambogiane.