Com’era ampiamente previsto, il capo dello stato uscente Paul Kagame, in carica dal 2000, ha vinto le elezioni presidenziali del 15 luglio in Ruanda. Secondo i risultati parziali, con il 79 per cento delle schede scrutinate, ha ottenuto il 99,15 per cento dei voti.

Il dato è perfino più alto del 98,79 per cento ottenuto nelle presidenziali del 2017, dopo il 95,05 per cento del 2003 e il 93,08 per cento del 2010.

Kagame, 66 anni, guida di fatto il paese dal luglio 1994, quando da leader di un movimento ribelle rovesciò il governo estremista hutu responsabile del genocidio che, secondo le Nazioni Unite, causò circa 800mila vittime tra tutsi e hutu moderati.

Dopo l’annuncio dei risultati Kagame ha ringraziato gli elettori. “Il dato, molto alto, dimostra quanta fiducia avete in me, ed è la cosa più importante”.

Gli altri due candidati, Frank Habineza, leader dell’unico partito d’opposizione autorizzato, e l’indipendente Philippe Mpayimana, hanno ottenuto rispettivamente lo 0,53 e lo 0,32 per cento dei voti.

Nove milioni di elettori erano chiamati alle urne per le elezioni presidenziali e legislative, che per la prima volta si sono svolte contemporaneamente. I risultati delle legislative non sono ancora noti, ma il Fronte patriottico ruandese (Fpr) di Kagame è il grande favorito.

Le due principali oppositrici di Kagame non erano state autorizzate a partecipare alle presidenziali.

Victoire Ingabire, storica esponente dell’opposizione, non ha potuto candidarsi perché la giustizia ha respinto una sua richiesta di ripristino dei diritti civili, di cui era stata privata nel 2013 in seguito a una condanna a quindici anni di prigione per “minimizzazione del genocidio”. Ingabire era stata poi rilasciata nel 2018.

La commissione elettorale ha inoltre respinto la candidatura dell’oppositrice Diane Rwigara, sostenendo che non avesse i documenti in regola.

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