Il 6 ottobre gli elettori hanno approvato a grande maggioranza, tramite referendum, la costruzione della prima centrale nucleare del Kazakistan, il più grande produttore di uranio del mondo, che però è a corto di elettricità.
La Francia, con l’azienda Edf, è in lizza per costruire l’impianto, insieme alla Russia, alla Cina e alla Corea del Sud.
Secondo la Commissione elettorale, il sì ha prevalso con il 71,12 per cento dei voti, mentre il tasso di partecipazione è stato del 63,66 per cento.
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La campagna per il sì è stata onnipresente nel paese, che rimane autoritario nonostante l’impegno del presidente Qasym-Jomart Toqaev, eletto nel 2019, ad allentare la stretta sulla società civile.
Gli oppositori del progetto, che temono un disastro ambientale in caso d’incidente, hanno avuto difficoltà a farsi sentire: decine di loro sono stati arrestati nelle ultime settimane, secondo alcuni mezzi d’informazione locali.
Toqaev ha definito la costruzione della centrale nucleare “il più grande progetto nella storia del Kazakistan indipendente”.
Ricco di petrolio e metalli rari, e produttore di quasi metà dell’uranio mondiale, il Kazakistan – un’ex repubblica sovietica che confina con la Russia e la Cina – punta sull’energia nucleare per sopperire alle croniche carenze di elettricità, soprattutto nel sud del paese.
Tra il 1949 e il 1989 l’Unione Sovietica ha condotto circa 450 test nucleari in Kazakistan, esponendo un milione e mezzo di persone alle radiazioni.
La centrale sarà costruita vicino al villaggio semi-abbandonato di Ülken (sudest), sulle rive del lago Balqaš, il secondo più grande dell’Asia centrale.