Il Kazakistan è scosso dalla vicenda di Saltanat Nukenova. Originaria di Pavlodar nel nord del paese, la donna, 31 anni, è stata uccisa dal marito la notte tra l’8 e il 9 novembre 2023. L’uomo l’aveva accusata di averlo tradito prima di picchiarla a morte in un ristorante esclusivo di Nur-Sultan di cui era proprietario, lo stesso in cui avevano festeggiato il matrimonio meno di un anno prima.
Se la morte di Nukenova ha catturato l’attenzione del paese è soprattutto perché il marito è l’ex ministro dell’economia Kuandyk Bishimbaev, 44 anni, condannato in passato per corruzione ma graziato dall’ex presidente Nursultan Nazarbaev nel 2019. Il 13 maggio Bishimbaev è stato condannato a ventiquattro anni di prigione con l’accusa di “tortura” e “omicidio particolarmente crudele”. È una sentenza inedita in Kazakistan per un caso di femminicidio. L’uccisione è stata ripresa dalle telecamere di sorveglianza del ristorante.
I video, diffusi in occasione del processo, hanno suscitato commozione e rabbia nelle persone vicine a Nukenova e presenti nel tribunale di Nur-Sultan. Al termine delle arringhe finali, l’accusato ha ammesso di essere colpevole della morte della moglie, ma ha respinto l’accusa di “omicidio premeditato”.
Aria di cambiamento
Il processo ha tenuto col fiato sospeso il paese e le altre repubbliche dell’Asia centrale. Due milioni di spettatori lo hanno seguito in diretta dal 24 marzo sul canale YouTube del tribunale, che l’ha trasmesso su precisa richiesta di Bishimbaev, convinto che la sua eloquenza gli avrebbe fatto guadagnare la clemenza dei giurati. Ma l’opinione pubblica si è schierata dalla parte di Saltanat Nukenova. Durante il processo sono state rivelate le ferite e le percosse subite dalla donna fin dall’inizio del matrimonio, oltre agli abusi e ai ricatti affettivi di cui era vittima.
Il racconto della vita della giovane coppia sui mezzi d’informazione ha attirato l’attenzione sulla violenza domestica in Kazakistan, una realtà presente anche nei circoli più elitari: secondo le Nazioni Unite ogni anno nel paese 400 donne sono uccise dai mariti.
Nel 2017 il reato di violenza domestica è stato escluso dal codice penale per essere trasferito in quello amministrativo, riducendo le pene per i colpevoli a un’ammenda o a pochi giorni di carcere. Il risultato è che in cinque anni gli abusi domestici sono triplicati: nel 2023 il ministero dell’interno ha registrato circa centomila denunce per violenze domestiche su una popolazione che supera di poco i venti milioni di abitanti.
Il processo contro Bishimbaev fa parte della presa di coscienza di questo fenomeno e ha influenzato l’introduzione, lo scorso 15 aprile, della “legge Saltanat”, una serie di emendamenti che inaspriscono le pene per i reati di violenza domestica. “Abbiamo reinserito nel codice penale due articoli esclusi nel 2017: percosse e ferite intenzionali e ferite corporali leggere”, spiega Aigerim Kussaiynkyzy, avvocata e attivista. “È una prima vittoria in una società patriarcale come la nostra, anche se mancano articoli più precisi sulle violenze psicologiche”.
Secondo Kussaiynkyzy, la vittoria più grande è l’aria di MeToo che si respira nel paese. Ad Almaty, la capitale economica, le librerie sono piene di opere sugli abusi e i rapporti tossici, mentre sui social network si moltiplicano da mesi le testimonianze di donne vittime di violenze sessiste o sessuali. Oggi tutte le femministe kazache sperano che questo cambiamento si confermi in occasione del processo di appello contro Bishimbaev, la cui data non è ancora stata fissata. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1564 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati