Il 7 novembre la polizia mozambicana ha usato i gas lacrimogeni per disperdere migliaia di manifestanti scesi in strada a Maputo in risposta all’appello del leader dell’opposizione Venâncio Mondlane, che denuncia brogli nelle elezioni presidenziali del 9 ottobre.

I manifestanti hanno incendiato bidoni della spazzatura e pneumatici, e lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

Mondlane aveva indetto per il 7 novembre una “giornata di liberazione del Mozambico”, presentata come il culmine di settimane di proteste dopo la proclamazione della vittoria nelle presidenziali di Daniel Chapo, il candidato del Fronte di liberazione del Mozambico (Frelimo), il partito al potere da mezzo secolo.

“C’è aria di rivoluzione”, ha dichiarato il 7 novembre Mondlane all’Afp. “Siamo a un passo da una svolta politica di portata storica”.

Pur avendo ottenuto solo il 20 per cento dei voti in base ai risultati ufficiali, Mondlane ha rivendicato la vittoria nelle elezioni presidenziali e legislative, che secondo gli osservatori sono state caratterizzate da brogli sistematici.

Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, nell’ultimo mese almeno venti manifestanti sono rimasti uccisi nella repressione.

“Sono stati assassinati”, ha affermato Mondlane, accusando il Frelimo di “aggrapparsi al potere con la forza e con il terrorismo di stato”.

La manifestazione del 7 novembre era composta da sei diversi cortei, che dovevano convergere verso il palazzo presidenziale.

“Ma la polizia ci ha bloccati”, ha dichiarato Derito, uno dei manifestanti.

Dopo aver annunciato la sua partecipazione, Mondlane, 50 anni, molto popolare tra i giovani, ha dichiarato all’Afp che non avrebbe potuto essere presente per motivi di sicurezza, aggiungendo di aver dovuto lasciare il continente africano.

“I miei sostenitori mi hanno fatto capire che sono più utile da vivo che da morto”, ha aggiunto.

Il 5 novembre il ministro della difesa Cristóvão Chume aveva lanciato un avvertimento ai manifestanti: “Se le violenze continuano, le forze armate dovranno intervenire per difendere lo stato. Questo tentativo di sovvertire l’esito di elezioni democratiche non può essere tollerato”.

Secondo l’ong anticorruzione Public integrity center, le elezioni del 9 ottobre sono state “le meno trasparenti dal 1999”.

Gli osservatori hanno segnalato gravi irregolarità prima, durante e dopo il voto, denunciando “alterazioni ingiustificate dei risultati”.