Il 6 novembre la polizia australiana ha annunciato che due persone sono ricercate per aver appiccato prima dell’alba un incendio in una sinagoga di Melbourne, nel sudest dell’Australia.

L’incendio, che non ha causato feriti, è divampato alle 4.10 nella sinagoga Adass Israel, che si trova nella periferia sudorientale della città.

“Quest’atto di violenza, intimidazione e distruzione in un luogo di culto è inaccettabile”, ha affermato in un comunicato il primo ministro australiano Anthony Albanese, evocando “una politica di tolleranza zero verso l’antisemitismo”.

Il suo collega israeliano Benjamin Netanyahu ha definito l’incendio della sinagoga “un classico e vile atto antisemita”. “Mi aspetto che le autorità australiane si attivino per evitare che episodi simili possano ripetersi in futuro”, ha aggiunto.

Netanyahu ha poi puntato il dito contro le “posizioni antisraeliane del governo australiano”.

“Purtroppo quest’orribile crimine non può essere separato dalle posizioni antisraeliane del governo laburista australiano, e in particolare dalla sua vergognosa decisione di votare a favore di una risoluzione delle Nazioni Unite che chiede la fine della presenza illegale d’Israele nei Territori palestinesi occupati”, ha dichiarato.

157 voti a favore

Il 3 dicembre l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato – con 157 voti a favore, tra cui quello dell’Australia, otto contrari e sette astensioni – una risoluzione non vincolante che auspica “una soluzione a due stati del conflitto israelo-palestinese, con Israele e la Palestina che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza”.

La risoluzione chiede a Israele di “mettere fine al più presto alla sua presenza illegale nei Territori palestinesi occupati”, cioè la Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) e la Striscia di Gaza.

Lo stesso giorno l’Australia ha votato contro una risoluzione dell’assemblea generale che chiede a Israele di ritirarsi dalle alture del Golan siriane occupate nel 1967 e annesse nel 1981.