Dopo aver conquistato Aleppo e Hama, il 6 dicembre la coalizione ribelle a guida jihadista ha proseguito la sua avanzata ed è ormai alle porte di Homs, l’ultima grande città ancora controllata dalle forze governative sulla strada per la capitale Damasco, secondo l’ong Osservatorio siriano per i diritti umani.

“L’obiettivo è rovesciare il regime di Bashar al Assad”, ha dichiarato Abu Mohammed al Jolani, leader del gruppo jihadista Hayat tahrir al Sham (Hts), in un’intervista alla Cnn.

In appena nove giorni di offensiva la coalizione ribelle ha conquistato un ampio territorio tra le province di Idlib, Aleppo, Hama e Homs.

L’ong, che ha sede a Londra ma dispone di una vasta rete d’informatori in Siria, ha riferito che il 6 dicembre l’aviazione siriana ha bombardato un ponte autostradale strategico tra Hama e Homs.

Se Homs dovesse cadere, solo la capitale Damasco e la costa mediterranea del paese resteranno nelle mani del regime di Assad.

“Nelle ultime ore i ribelli sono entrati nelle città di Al Rastan e Talbiseh, nella provincia di Homs, senza incontrare alcuna resistenza da parte dell’esercito”, ha affermato l’ong, aggiungendo che si trovano ormai ad appena cinque chilometri da Homs, la terza città della Siria.

La sera del 5 dicembre, dopo la caduta di Hama, decine di migliaia di abitanti di Homs, per lo più appartenenti alla comunità alauita, la stessa di Assad, sono fuggiti verso la costa mediterranea della Siria, ha dichiarato l’ong.

Dal 27 novembre i combattimenti hanno causato almeno 826 morti, tra cui 111 civili, secondo l’ong, e 280mila sfollati, secondo le Nazioni Unite.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il cui paese è uno dei principali sostenitori dei ribelli, ha espresso la sua soddisfazione per la loro avanzata, invitando Assad, sostenuto da Mosca e Teheran, a “trovare con urgenza una soluzione politica”.

Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha chiesto il 5 dicembre “la fine della carneficina in Siria, frutto di un fallimento collettivo”.