I siriani hanno avuto reazioni diverse di fronte ai video dei combattenti di Hayat tahrir al Sham (Organizzazione per la liberazione del levante, Hts) e dei loro alleati che prendevano il controllo di Aleppo e di vaste aree della campagna circostante dopo il lancio dell’operazione “Dissuadere l’aggressione”. Un primo gruppo ha espresso gioia per quello che stava succedendo, pensando di assistere a una continuazione della rivoluzione contro il regime di Damasco scoppiata nel 2011. Per gli entusiasti, in gran parte islamisti, la battaglia potrebbe contribuire ad allontanare le milizie filoiraniane dall’area, permettendo il ritorno di più di un milione di siriani che il regime e la Russia, sua alleata, avevano costretto a fuggire. Un secondo gruppo ha manifestato forti riserve: i miliziani stanno ripetendo alcuni errori del passato ed espongono le città ai bombardamenti aerei. Questi porteranno distruzione e rovina, aggravando le sofferenze degli abitanti, che già versano in condizioni disastrose. I sostenitori di questa posizione sono per lo più laici appartenenti a minoranze, preoccupati per la natura delle forze coinvolte nell’operazione, tra cui l’Hts, ex Fronte al nusra, considerato un’“organizzazione terroristica”.

Un terzo gruppo ha accolto con favore la “liberazione” di Aleppo, ma esprimendo dubbi sulle forze che l’hanno realizzata. Questi siriani vedono nella conquista della città un progresso per la rivoluzione, ma allo stesso tempo sottolineano che Aleppo non deve diventare un emirato islamico sul modello di Idlib (l’unica grande città rimasta in mano ai ribelli dopo che la guerra civile ha perso intensità). Questa divisione ricalca la spaccatura che c’è periodicamente nell’opinione pubblica siriana tra gli islamisti, sostenitori della rivoluzione senza riserve; i laici, preoccupati per il futuro delle minoranze a cui appartengono, scettici e prudenti; infine la sinistra del “politicamente corretto”, che cerca di difendere tutte le cause contemporaneamente in modo sterile. Ma il punto è che le tre fazioni guardano il tutto a distanza. Le loro posizioni non tengono conto delle forze che determinano la situazione attuale, perché sono guidate da ideologie, umori e paure, e dall’illusione di poter far ripartire la rivoluzione. I siriani continuano a insistere sulla loro lotta, ma le diverse parti in campo l’hanno abbandonata e pensano piuttosto alle opportunità da sfruttare.

I veri interrogativi

L’indebolimento delle milizie iraniane in Siria, causato dagli attacchi israeliani in Libano e in territorio siriano, ha spinto la Turchia a colmare un vuoto, mobilitando gruppi estremisti islamici per espandere la sua influenza nel paese. È difficile valutare quali siano gli obiettivi turchi: l’avanzata ribelle è un’azione limitata che mira a spingere il regime siriano a normalizzare i rapporti con Ankara o ci sono dietro progetti più ampi? Il successo della strategia turca, qualunque siano i suoi limiti, richiederà un accordo con la Russia. A questo punto ci si potrebbe chiedere perché Mosca appaia riluttante a difendere il regime siriano e non sia intervenuta con più decisione per riequilibrare le forze militari.

Ma la domanda cruciale è: l’Iran rinuncerà al suo ruolo in Siria dopo aver aumentato la sua influenza per decenni? E il regime siriano sarà in grado di passare da una posizione di interdipendenza e di convergenza di interessi e strategie con Teheran, senza subire danni o rischi significativi? E se fossero confermate le notizie che il regime ha lasciato il controllo dell’aeroporto di Aleppo alle Forze democratiche siriane (Fds), un’alleanza di milizie a maggioranza curda, si rafforzerebbe l’ipotesi di una Russia lassista nella difesa di Damasco e di un regime siriano disposto ad allearsi con i rivali della Turchia pur di ottenere aiuto. In questo quadro, gli interessi e gli obiettivi dei diversi paesi s’intrecciano, mentre i siriani restano ai margini. Gli eventi continuano a essere guidati da logiche che sfruttano la causa della rivoluzione siriana, invece di farla progredire.

I siriani sono ancora divisi e la battaglia di Aleppo l’ha messo ancora una volta in evidenza. ◆ abi

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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati