Il 26 marzo l’esercito sudanese ha annunciato di aver riconquistato l’aeroporto internazionale della capitale Khartoum, infliggendo una nuova sconfitta ai paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf).

“L’aeroporto è stato messo in sicurezza”, ha dichiarato all’Afp una fonte militare, che ha chiesto di rimanere anonima.

“I soldati hanno anche circondato l’area strategica di Jebel Awliya”, ha aggiunto, riferendosi all’ultima grande roccaforte delle Rsf nella regione di Khartoum.

A gennaio l’esercito aveva lanciato una grande offensiva per riconquistare la capitale.

Il 21 marzo aveva annunciato la riconquista del palazzo presidenziale, che era controllato dai paramilitari dall’inizio della guerra civile, nell’aprile 2023. Il giorno dopo aveva ripreso le sedi della banca centrale e dei servizi di sicurezza, oltre al museo nazionale.

Fonti mediche hanno riferito all’Afp che le Rsf hanno anche abbandonato l’ospedale Tamayoz, vicino all’aeroporto, che usavano dall’inizio del conflitto per curare i loro combattenti.

Il 26 marzo l’esercito ha messo in sicurezza il ponte Manshiya a Khartoum, che attraversa il Nilo Azzurro, costringendo i paramilitari a usare il ponte Jebel Awliya, sul Nilo Bianco, per la loro ritirata.

Probabilmente i combattenti delle Rsf ripiegheranno verso il Darfur, una regione nell’ovest del paese che è quasi interamente sotto il loro controllo.

Nel Darfur si sono verificate alcune delle peggiori atrocità del conflitto, tra cui bombardamenti di aree residenziali, attacchi a campi di sfollati e violenze etniche sistematiche.

La guerra civile in Sudan tra l’esercito, guidato dal capo della giunta militare Abdel Fattah al Burhan, e le Rsf, guidate da Mohamed Hamdan Dagalo, ha causato decine di migliaia di morti e più di dodici milioni di sfollati. La crisi umanitaria in corso è una delle più gravi della storia recente.

Sia l’esercito sia le Rsf sono accusate di crimini di guerra per aver deliberatamente preso di mira i civili e bloccato gli aiuti umanitari.