Il 14 aprile il parlamento ungherese ha approvato degli emendamenti costituzionali che limitano i diritti delle persone lgbt+ e di quelle con doppia cittadinanza.
A marzo il primo ministro sovranista Viktor Orbán aveva avvertito i suoi avversari di prepararsi a una “grande pulizia di Pasqua”.
Prima dell’approvazione della revisione della costituzione, avvenuta con 140 voti a favore e 21 contrari, decine di manifestanti avevano bloccato l’ingresso al parlamento, prima di essere allontanati dalla polizia.
I deputati d’opposizione hanno srotolato uno striscione in aula in segno di protesta, mentre fuori dall’edificio centinaia di manifestanti gridavano: “L’Ungheria non diventerà come la Russia di Putin”.
In conformità con un ordine esecutivo firmato di recente dal presidente statunitense Donald Trump, la costituzione ungherese stabilisce ora che le persone possono essere solo “uomini o donne” in base al sesso di nascita.
Un altro emendamento sancisce “il primato su qualunque altro diritto di quello dei bambini ad avere un sano sviluppo fisico, mentale e morale”.
In questo modo il governo ha rafforzato le basi legali del divieto delle parate del Pride, approvato dal parlamento il 18 marzo in nome della “protezione dei bambini”.
Da quando la legge è stata approvata, ogni settimana a Budapest si svolgono manifestazioni di protesta in cui i partecipanti bloccano ponti. Il 12 aprile migliaia di persone hanno protestato vestendosi di grigio per denunciare con ironia un’impossibile uniformità voluta da Orbán.
Nel mirino del governo ci sono anche gli ungheresi con doppia cittadinanza, accusati di essere “traditori della nazione”.
Un emendamento costituzionale approvato il 14 aprile prevede la possibilità di sospendere per una durata massima di dieci anni “la cittadinanza ungherese a chi è titolare di un secondo passaporto”. Se questa persona è residente in Ungheria, può essere espulsa.
L’emendamento potrebbe essere usato contro l’imprenditore George Soros, 94 anni, nato a Budapest e naturalizzato statunitense.
Decine di giuristi hanno denunciato una misura “senza precedenti nel diritto internazionale”.
Dalla sua ascesa al potere nel 2010, Orbán è stato accusato dalla grande maggioranza dei suoi alleati europei di aver progressivamente minato lo stato di diritto in Ungheria. D’altra parte il premier stesso rivendica di dirigere una “democrazia illiberale”.