Il 3 aprile, in occasione di una visita a Budapest di Benjamin Netanyahu, l’Ungheria ha annunciato il suo ritiro dalla Corte penale internazionale (Cpi), che nel novembre scorso aveva spiccato un mandato d’arresto nei confronti del primo ministro israeliano.

“Il governo avvierà la procedura di ritiro, in conformità con le norme internazionali”, ha annunciato su Facebook Gergely Gulyás, capo di gabinetto del primo ministro nazionalista Viktor Orbán.

Budapest, che aveva più volte contestato la Cpi, definendola “di parte”, ha deciso di ritirarsi sulla scia del presidente statunitense Donald Trump, che a febbraio aveva imposto alla corte delle sanzioni “per le sue azioni illegittime e infondate contro gli Stati Uniti e il nostro alleato Israele”.

Il ritiro di uno stato dalla Cpi diventa effettivo un anno dopo la presentazione della richiesta.

L’annuncio è arrivato nel giorno in cui Orbán ha accolto con tutti gli onori Netanyahu, nonostante il mandato d’arresto emesso nei suoi confronti dalla Cpi.

Il governo ungherese aveva invitato il premier israeliano subito dopo l’annuncio del mandato d’arresto, dicendosi “scioccato per questa decisione oltraggiosa”. Israele aveva risposto elogiando la “limpidezza morale” di Budapest.

Prima dell’arrivo di Netanyahu, la Cpi aveva ricordato al governo ungherese i suoi obblighi legali. “Non spetta ai singoli stati mettere in discussione unilateralmente la fondatezza delle decisioni giuridiche della corte”, aveva affermato un portavoce, Fadi el Abdallah.

La visita del premier israeliano, che durerà alcuni giorni, è la prima in un paese dell’Unione europea dall’inizio della guerra a Gaza, nell’ottobre 2023.

L’Ungheria aveva firmato nel 1999 lo statuto di Roma, il trattato istitutivo della Cpi, e l’aveva ratificato due anni dopo, durante il primo mandato di Orbán.
Finora solo due stati, Burundi e Filippine, hanno lasciato la Cpi.

Fondata nel 2002, la corte ha il compito di perseguire gli autori dei crimini più gravi commessi nel mondo, tra cui genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Gli stati membri sono attualmente 125.