L’11 febbraio 2014, centinaia di migliaia di persone si sono radunate nelle strade di Teheran e di altre città dell’Iran per celebrare il 35° anniversario della rivoluzione islamica.
A Teheran, una folla enorme ha riempito piazza Azadi per ascoltare il discorso del presidente Hassan Rohani, al suo primo importante intervento in pubblico dopo la sua elezione, nell’agosto del 2013.
“Il voto del popolo non contava niente nella gestione di questo paese. Era una grande umiliazione”, ha detto Rohani, riferendosi al periodo in cui l’Iran era una monarchia costituzionale. “Le grandi potenze cercavano di interferire negli affari interni di questo paese. Gli americani pensavano che l’Iran gli appartenesse”.
Le proteste contro il regime dello scià Mohammad Reza Pahlavi, appoggiato da Washington, erano cominciate nel 1978 dopo un articolo della stampa governativa contro l’ayatollah Khomeini, il leader religioso che, dal suo esilio parigino, incitava alla rivoluzione attraverso messaggi registrati che venivano diffusi in tutto il paese.
Lo scià lasciò il paese il 16 gennaio 1979, trasferendo il potere al primo ministro Shapur Bakhtiar. Khomeini non riconobbe il suo governo e annunciò che sarebbe tornato in Iran, dove arrivò il 1 febbraio 1979. Le manifestazioni a favore dell’ayatollah si moltiplicarono ed erano sempre più numerose le diserzioni nell’esercito, che l’11 febbraio annunciò la propria neutralità. Khomeini, capo del consiglio rivoluzionario, assunse di fatto il potere. Un tribunale islamico condannò a morte in contumacia, nel giugno del 1979, sia Pahlavi sia la moglie Farah.
Quando, nell’ottobre del 1979, Reza Pahlavi andò negli Stati Uniti per curarsi, il nuovo regime ne chiese l’estradizione. Al rifiuto di Washington si scatenarono a Teheran violente manifestazioni contro gli Stati Uniti. Il 4 novembre 1979 alcune centinaia di studenti universitari entrarono nell’ambasciata americana e presero in ostaggio 52 diplomatici e funzionari. La vicenda si concluse dopo 444 giorni, il 20 gennaio 1981, con la liberazione degli ostaggi grazie a un accordo favorito dall’Algeria. Ma con l’assedio finirono anche le relazioni diplomatiche tra Washington e Teheran.
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