Dalla metà dell’ottocento l’aspettativa di vita massima degli esseri umani è aumentata di circa tre mesi all’anno, grazie alla capacità di spostare la maggior parte dei decessi a un’età sempre più avanzata. Ma secondo uno studio recente, che ha analizzato 39 gruppi di primati, umani e non umani, rallentare il processo d’invecchiamento umano e animale non è possibile. I ricercatori hanno raccolto dati relativi a persone vissute in Inghilterra tra il 1600 e il 1725, in Svezia tra il 1751 e il 1759, in Islanda nel 1882 e in Ucraina nel 1933, e hanno studiato anche trenta gruppi di gorilla, scimpanzé e babbuini, diciassette dei quali vivevano in natura e tredici in uno zoo. Per ogni serie di dati è stata analizzata l’aspettativa di vita e il momento della morte dei singoli individui. I ricercatori hanno verificato che l’aspettativa di vita può variare grazie alla riduzione della mortalità infantile e giovanile, e non perché cambia il processo d’invecchiamento. Gli autori riconoscono, però, di non poter prevedere i progressi futuri della medicina, che potrebbero portare al superamento dei vincoli biologici. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1415 di Internazionale, a pagina 95. Compra questo numero | Abbonati