Nel mondo di Julia Ducournau, il corpo e le pulsioni si portano come una croce. La carne è ammaccata, bruciata, violentata, divorata, abortita. La famiglia è il luogo di tutte le nevrosi, soffocate nelle comodità di un divano borghese. Sei anni dopo Raw. Una cruda verità, opera prima sui disturbi alimentari – in cui, prima del #MeToo, aveva affrontato le imposizioni legate all’essere donna – con Titane interroga e maltratta i codici tossici della virilità e della cultura dello stupro, celebrati dalla società a colpi di saloni dell’auto. Il suo è un furioso film di vendetta, spinto al limite del sopportabile dietro a un’eroina serial killer che trafigge le sue vittime con un fermaglio per capelli. La nuova regina francese del cinema di genere prova piacere a maltrattare il pubblico, gioca con stereotipi e tabù e scatena la sua rabbia di essere solo donna in un film di amore e metamorfosi che afferma la necessità di mutare.
Karelle Fitoussi, Paris Match

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Questo articolo è uscito sul numero 1429 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati