Quei giorni sconvolsero tutti. Il 9 novembre 1989 crollò il muro di Berlino. Per quasi trent’anni aveva simbolicamente separato il mondo libero dal blocco comunista. Gli storici hanno descritto questo evento analizzandone le cause politiche, economiche e internazionali. Christine de Mazières ci si avvicina da romanziera. Non usa una visione panoramica ma procede per frammenti, simili a quei pezzi di muro che i protagonisti della notte di quel novembre strapparono e conservarono come reliquie. I loro nomi sono Micha, Niklas, Karl, Lorenz, e sono persone comuni, o quasi. Tutti hanno appena sentito le parole del portavoce dell’ufficio politico sulla possibilità per i tedeschi dell’est di viaggiare e perfino di lasciare il paese “subito”. Queste parole si sono diffuse in città, causando una corsa verso ovest. Il sogno di un mondo chiuso, protetto dal capitalismo velenoso, si sta dissolvendo. Anna è tornata a Berlino. Ma non può dimenticare un’insolita visita nella parte est quattro anni prima. Non solo la storia, anche la
geografia e l’intima architettura della città giocano una parte in questo romanzo di parole e immagini. Ma ciò che è importante qui sono i personaggi e le loro voci. Man mano che le pagine procedono, la trama si infittisce e le voci si uniscono per formare non un coro, ma una sinfonia. Facce, personaggi e storie emergono dal blocco apparentemente monolitico della Germania est. Sono ribelli o apparatčik, ma a dispetto della vulgata marxista sono i loro destini individuali, le loro passioni, il loro coraggio, la loro codardia che faranno la storia. E daranno a Christine de Mazières il materiale per un magnifico romanzo.
Étienne de Montety, Le Figaro
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Questo articolo è uscito sul numero 1429 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati