“C’è una regola d’oro: seguire i soldi. La scia dei soldi ne ha fatti cadere molti. Il più famoso è Al Capone, ma anche in Italia con questa regola sono stati presi boss molto potenti e mafiosi meno importanti. Nel caso di Matteo Messina Denaro, però, questa ricetta è fallita”, scrive il settimanale tedesco Der Spiegel. Per trent’anni i magistrati e le forze dell’ordine hanno cercato di arrestarlo. Si è anche ipotizzato che durante la lunga latitanza si fosse nascosto in Spagna o in Albania. Molti hanno dedicato la loro carriera a scovarlo, senza successo.
“La svolta è arrivata quando è stata stabilita una nuova regola. Invece di seguire i soldi, bisognava seguire il tumore”, prosegue il settimanale. “‘Sapevamo da tempo dei suoi problemi di salute’, ha detto Pasquale Angelosanto, comandante del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri (Ros). A quanto pare Messina Denaro è affetto da una particolare forma di cancro, si è sottoposto a cicli di chemioterapia e a un’operazione. I Ros stavano cercando in Sicilia pazienti con un quadro clinico comparabile. ‘Alla fine siamo riusciti a concentrarci solo su poche persone e ne abbiamo individuata una che aveva bisogno di un tipo specifico di terapia’, ha spiegato Angelosanto durante una conferenza stampa poche ore dopo l’arresto del latitante”.
Nel periodo natalizio i carabinieri hanno orientato le loro attenzioni su un sessantenne in cura nella clinica privata La Maddalena, a Palermo: il geometra Andrea Bonafede, malato di cancro. Dopo la cattura hanno avuto la certezza che Bonafede era in realtà il mafioso più ricercato al mondo, Matteo Messina Denaro. “Dal 13 gennaio i magistrati e le forze dell’ordine sorvegliavano chi andava a curarsi nella clinica” afferma lo Spiegel. “Poi il 16 gennaio Messina Denaro si è presentato con il nome di Andrea Bonafede per sottoporsi a una seduta di chemioterapia. Si è registrato all’accettazione ed è uscito di nuovo dalla clinica. All’improvviso sono apparse le forze di sicurezza. Quando gli agenti gli hanno chiesto quale fosse il suo nome, lui ha subito rinunciato alla copertura: ‘Sono Matteo Messina Denaro’, ha risposto. È stato arrestato in strada e non ha opposto resistenza”.
Borghesia mafiosa
Il settimanale tedesco spiega che la gioia e l’orgoglio per l’arresto si mescolano ad alcune domande ancora senza risposta: chi ha protetto Messina Denaro, condannato all’ergastolo in contumacia? Che fine ha fatto cosa nostra?
“In generale le persone pensano che la mafia siciliana sia indebolita. Ormai ne fanno un cliché cinematografico, con la cittadina di Corleone diventata un’attrazione turistica. I grandi traffici internazionali sono da tempo in mano alla ’ndrangheta, che adotta una strategia di maggior successo: si è infiltrata nello stato invece di combatterlo”, afferma lo Spiegel.
Il settimanale riporta le dichiarazioni fatte dopo l’arresto da un esperto della materia: “La mafia di cosa nostra non esiste più”, dice l’ex generale dei carabinieri Mario Mori. Oggi i magistrati hanno a che fare con un’organizzazione diversa rispetto a trent’anni fa. “Alcuni di loro parlano di una ‘borghesia mafiosa’, un mondo oscuro di avvocati, commercialisti e politici che negli anni hanno sollevato uno scudo pseudo-legale sulla criminalità organizzata. È questo sistema che dev’essere combattuto”, conclude il settimanale tedesco. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1495 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati