“Una generazione fa i romeni facevano la fila per i generi alimentari. Oggi a Bucarest ci sono di nuovo delle file, ma non le fanno i romeni”, scrive l’Economist. In una strada della capitale ci sono ucraini in attesa davanti a un centro che distribuisce aiuti. In un’altra nepalesi, bangladesi e altri immigrati aspettano di rinnovare il permesso di residenza e di lavoro. “Come l’Italia negli anni settanta, la Romania sta per trasformarsi da paese di emigrati in paese di immigrati”, osserva il settimanale britannico. L’economia romena è in crescita da almeno dieci anni, nel 2022 il pil nazionale è aumentato del 4,7 per cento. Nel 2010 quello pro capite era pari al 53 per cento della media dell’Unione europea, mentre nel 2021 è arrivato al 74 per cento. Nel frattempo, però, la popolazione è diminuita, passando dai 23,2 milioni del 1990 agli attuali diciannove milioni. Dopo la caduta del regime comunista il tasso di nascita è crollato, milioni di romeni sono emigrati e oggi il paese affronta una grave carenza di manodopera. “Gli alberghi, i bar e i ristoranti sono alla ricerca disperata di lavoratori, ma il settore più in difficoltà è quello dell’edilizia. Le aziende di costruzioni si rivolgono ad agenzie specializzate, ma gli uffici dell’amministrazione pubblica sono sommersi di richieste e non riescono a soddisfarle: per questo molti dei lavoratori stranieri a cui è offerto un posto in Romania non riescono a entrare nel paese e finiscono altrove, per esempio negli Emirati Arabi Uniti. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1511 di Internazionale, a pagina 116. Compra questo numero | Abbonati