Le alluvioni che hanno sconvolto l’Italia sono un chiaro avvertimento per gli altri paesi europei: il cambiamento climatico provocato dall’attività umana è destinato a durare.
Questi disastri evidenziano le carenze delle politiche pubbliche in Italia, che si è rivelata assolutamente impreparata ad affrontare l’emergenza. Un piano nazionale è stato prima rinviato e poi trascurato. Gli investimenti per dragare i fiumi, costruire dighe e riparare i sistemi idrici sono stati largamente insufficienti. Secondo Arcangelo Francesco Violo, presidente del Consiglio nazionale dei geologi, “l’urbanizzazione intensiva e disordinata degli ultimi decenni ha avuto un forte impatto, così come l’elevato consumo di suolo”. I servizi di soccorso hanno svolto un lavoro eroico, ma non hanno fondi a sufficienza. La competenza del governo centrale è stata messa in discussione da molti.
Non c’è dubbio che tutto questo dovrà cambiare. L’Italia, stretta tra due mari sempre più caldi, è particolarmente esposta ai fenomeni climatici estremi, che si tratti di trombe d’aria, alluvioni, valanghe, frane, tempeste o intense grandinate. I possibili danni alle infrastrutture tecnologiche e alle località storiche devono essere al centro della pianificazione pubblica.
Ma in questa vicenda ci sono insegnamenti da trarre anche per altri paesi e governi europei. I disastri in Italia, infatti, dimostrano che stiamo attraversando un periodo caratterizzato da profondi cambiamenti climatici, in cui è indispensabile un intervento di prevenzione e mitigazione a livello sia nazionale sia europeo. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1513 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati