Nina è una ginecologa finita nei guai per aver gestito male un parto. Poi è sospettata di passare farmaci anticoncezionali sottobanco alle pazienti e di praticare aborti illegali nelle zone rurali. Gira in macchina per le periferie rimorchiando partner occasionali con cui ha rapporti compulsivamente violenti. La sua storia repressa di traumi romantici e sessuali è solo accennata. La violenza sconvolgente di alcune scene (tra cui un’interruzione spontanea di gravidanza) è attenuata da sequenze silenziose, in cui Kulumbegashvili dimostra di padroneggiare un linguaggio cinematografico tutto suo, in piena evoluzione. April non è il solito film sull’aborto. Più distaccato e spogliato da ogni emozione, diventa una meditazione profondamente inquietante su sessualità e trasgressione.
Peter Bradshaw, The Guardian

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1580 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati