Londra, Regno Unito (Carl Court, Getty)

Grazie ai ricchissimi fatturati assicurati da vestiti, gioielli e borse, il settore del lusso è stato considerato a lungo la risposta europea ai colossi tecnologici statunitensi. Negli ultimi mesi, tuttavia, il valore di borsa delle sue aziende principali ha registrato un calo di circa 240 miliardi di dollari, segnale inequivocabile di una crisi profonda. Il britannico Burberry Group, che include il famoso marchio di giacche e giubbotti, ha perso il 70 per cento in borsa e non è più tra le principali cento aziende quotate alla city di Londra. La Kering, proprietaria della Gucci, e la Hugo Boss hanno perso metà del loro valore. La Kering, in particolare, è passata dal decimo al 23° posto nella classifica delle maggiori aziende quotate in Francia. Il gruppo Lvmh, un tempo la più grande azienda europea per valore di mercato, ora è retrocesso al secondo posto. In Svizzera i produttori di orologi hanno addirittura chiesto aiuti di stato per arginare il calo delle vendite. La causa principale, spiega Bloomberg, è il peggioramento della situazione economica in Cina. In passato gli eleganti negozi dei grandi marchi europei del lusso erano letteralmente invasi dai ricchi cinesi. Da un po’ non è più così: anzi, è probabile che quei tempi non torneranno presto. La Tiffany, uno dei marchi di punta della Lvmh, sta cercando di dimezzare la sua presenza a Shanghai, mentre i centri commerciali del lusso a Hong Kong, in passato la principale meta dei ricchi cinesi, ormai sono spesso vuoti. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1580 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati