Nel corso della sua carriera da solista, cominciata nel 1998, Graham Coxon non ha mai fatto passi falsi. Anche se non gode del successo e dell’attenzione dell’altro Blur Damon Albarn, il suo lavoro è sempre stato superlativo. E i primi due album realizzati nel duo The Waeve, con Rose Elinor Dougall, dimostrano che di buone idee ne ha ancora. Il debutto dell’anno scorso aveva creato una certa attesa per il seguito, che finalmente è arrivato. I due lavori hanno molto in comune ma in City lights emerge un gruppo deciso a liberarsi: è più rumoroso, più oscuro, più audace; il suono pesca dal post-punk e dalla new wave. Coxon usa ancora il sax ma in maniera più disinvolta, senza seguire rigidamente la melodia, mentre le sue chitarre sono spinose, aspre, e in generale l’album si regge su linee di basso così cupe da sembrare predatorie. Rispetto al disco precedente gli arrangiamenti sono più densi e questo non funziona sempre, perché sarebbe stato meglio calcare di meno la mano su alcuni pezzi. Tuttavia l’alchimia tra Coxon e Dougall è intatta come la capacità di scrivere canzoni imprevedibili e non convenzionali.
Stephen Dean, Northern Transmissions
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Questo articolo è uscito sul numero 1582 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati