Nella serie di sei sonate per violino solo di Eugène Ysaÿe il virtuosismo senza sforzo di Hilary Hahn, la sua fusione di struttura e spontaneità, la sua ampia tavolozza di sfumature, il suo uso generoso ma sapiente del vibrato e il suo dono per la caratterizzazione contribuiscono tutti a dare vita e significato alla musica. Per avere un esempio, si può sentire l’intensità dell’articolazione di Hahn nelle doppie corde nel finale della prima sonata. Nel secondo movimento la sua fuga sembra arrivare da due strumenti e due esecutori diversi. Nella terza sonata, quella più celebre, la sua esecuzione potrebbe essere la più decisa, fluente ed espressiva dai tempi delle classiche registrazioni di Michael Rabin e David Oistrakh. La violinista statunitense assapora la ferocia nell’allemande di apertura della quarta sonata in un modo che lascia i suoi concorrenti più letterali nella polvere. La quinta sonata è la più inventiva e originale. Nell’apertura L’aurore, il vibrato scarno di Hahn e il suo tono tagliente da violinista di campagna forniscono contrasti stridenti ed efficaci ai pizzicati della mano sinistra, che nella Danse rustique conclusiva combina in modo impressionante serietà e abbandono. Nella sesta sonata Hahn è pirotecnica e incisiva con una sicurezza che renderà umili per anni i giovani aspiranti violinisti. Le note di copertina della violinista su com’è nato questo disco sono deliziose e la registrazione è di qualità superiore. Raccomandato con entusiasmo.
Jed Distler, ClassicsToday
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Questo articolo è uscito sul numero 1588 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati