Il microbioma intestinale è un sistema di supporto vitale per la salute mentale e fisica, perché fornisce al corpo i nutrienti fondamentali e contribuisce a coordinare il sistema immunitario. E ora ci stiamo rendendo conto di quanto questo sia vitale anche per un invecchiamento sano.
Con l’avanzare dell’età, l’equilibrio dei microbi del nostro intestino cambia. Diminuiscono quelli benefici, come l’antinfiammatorio Faecalibacterium, e aumentano quelli che aggravano l’infiammazione provocata da varie patologie legate all’età, come le malattie cardiache, il cancro e il declino cognitivo. Molti studi, condotti su soggetti che vanno da una popolazione isolata dell’India rurale a una ricca comunità urbana in Italia, mostrano sorprendenti somiglianze nell’effetto dell’età sul microbioma. Una scoperta chiave è che le persone anziane in buona salute hanno molti tipi di microbi benefici, che in genere si perdono con il declino fisiologico.
Non è chiaro se i microbiomi degli anziani sani determinino la loro vitalità o siano il risultato dello stile di vita, ma uno studio condotto sui topi da John Cryan e dai suoi colleghi dell’University college di Cork, in Irlanda, ha scoperto che il trapianto del microbiota intestinale dagli esemplari giovani a quelli anziani arresta il declino delle funzioni cerebrali associato all’età.
Tutto questo sottolinea quanto sia fondamentale prenderci cura del nostro microbioma intestinale perché garantisca tutti i benefici possibili. Ma cosa dovremmo fare esattamente?
Per cominciare, dobbiamo stabilire com’è fatto un microbioma sano. E non è per niente facile. “Non ci sono segnali fisici evidenti che possono essere usati in modo affidabile per stabilire se il nostro microbioma è in buone condizioni”, afferma Paul O’Toole, dell’University college di Cork.
Anche quando i ricercatori analizzano la miriade di microbi che vivono nel nostro intestino, è difficile capire esattamente quali stiano facendo cosa. “Anche se aumentano i risultati scientifici che collegano il microbioma intestinale e le sostanze che produce alla salute, non è ancora chiaro cosa sia un microbioma intestinale ottimale o ‘sano’”, afferma Tim Spector del King’s college di Londra, uno dei fondatori dell’azienda di nutrizione personalizzata Zoe.
Mangiare l’arcobaleno
Uno dei criteri più comuni per valutare lo stato di salute dell’intestino è la diversità microbica: più ce n’è e meglio è. Ma questo criterio non è infallibile, perché anche avere molti batteri nocivi può contribuire alla diversità, dice Spector, quindi diversificato non significa sempre migliore. Le persone che seguono una dieta ricca di vegetali hanno molti batteri buoni, ma hanno anche una minore diversità, dice Spector. Un approccio più recente è analizzare le migliaia di composti prodotti dalla fermentazione microbica nell’intestino, dice, “ma attualmente non capiamo la maggior parte delle loro funzioni e molti cambiamenti possono essere a breve termine”.
Per affrontare questi problemi, il team della Zoe ha collaborato con i ricercatori dell’università di Trento per individuare una nuova misura della salute del microbioma. Il loro metodo si basa sul sequenziamento genomico di oltre centomila campioni di feci inviati dagli utenti della Zoe, e ha permesso di scoprire centinaia di specie intestinali finora sconosciute. Questi dati sono stati poi collegati a modelli dietetici per offrire un nuovo modo di confrontare il rapporto tra batteri buoni e cattivi. “Ha funzionato molto meglio del tradizionale criterio della diversità per riconoscere un intestino sano e tracciare i miglioramenti dovuti alla dieta”, afferma Spector.
Questo tipo di ricerca sta contribuendo a costruire un quadro più accurato del microbioma associato a una buona salute e dei fattori che lo influenzano. Ovviamente, la dieta è fondamentale. “Aumentare la diversità degli alimenti che mangiamo aumenta la diversità del microbioma”, afferma Cryan.
Per ottenere questa diversità, Spector consiglia di consumare molti vegetali diversi, idealmente trenta tipi a settimana, e di “mangiare l’arcobaleno”, cioè un mix di verdure colorate con un alto contenuto di sostanze denominate polifenoli, che sono legate a un’alta varietà del microbioma. È stato anche dimostrato che gli alimenti fermentati, come lo yogurt, il kefir, il kombucha e il kimchi, possono aumentare questa diversità e ridurre l’infiammazione, quindi se vi piacciono aggiungeteli alla vostra dieta.
Anche consumare più fibre è utile, sempre che il vostro apparato digerente sia in grado di tollerarle. “La fibra viene scomposta da molti microbi e fornisce parecchie molecole importanti”, spiega Cryan.
Ci sono anche alimenti da evitare. “Quantità eccessive di additivi, in particolare dolcificanti artificiali, emulsionanti e cibi ultraprocessati hanno effetti negativi sul microbioma”, dice Cryan.
Non si tratta solo di cosa si mangia, ma anche di quando. Numerosi studi recenti dimostrano che il digiuno intermittente può avere un influsso positivo sulla composizione del microbioma, con conseguenti vantaggi per la salute.
Per esempio, da uno studio è emerso che un digiuno attentamente monitorato di diversi giorni favorisce le specie di microbi intestinali che producono composti benefici e acidi grassi a catena corta. In combinazione con una dieta di tipo mediterraneo, basata su oli vegetali, alimenti integrali, frutta e verdura, ha portato a una maggiore riduzione della pressione sanguigna e del peso nelle persone con sindrome metabolica (cioè affette da diabete, ipertensione arteriosa e obesità) rispetto al solo intervento sulla dieta. “Date al vostro intestino un digiuno notturno di 12-14 ore per aiutarlo a funzionare”, raccomanda Spector.
Anche altri fattori influiscono. I nostri microbi intestinali sono sensibili allo stress, che può alterare la composizione del microbioma, dice Cryan. Ma si tratta di un processo complesso, a doppio senso. “Lo stress può influenzare l’intestino e a sua volta l’intestino può influenzare il modo in cui affrontiamo lo stress”, dice. Lo stress può anche aumentare la permeabilità del rivestimento intestinale, consentendo ai batteri di entrare nel flusso sanguigno e provocare infiammazione.
Anche la mancanza di sonno può influire sull’intestino, perché il microbioma ha un ciclo giornaliero, afferma Amita Sehgal dell’università della Pennsylvania: “La perdita di sonno interrompe il ciclo del microbioma”. Anche le più piccole interruzioni possono incidere. Spector e il team di Zoe, per esempio, hanno scoperto che il jet lag sociale (quando nel fine settimana il ritmo del sonno cambia rispetto ai giorni feriali) è associato a una maggiore prevalenza di batteri intestinali nocivi.
Il migliore amico dell’intestino
Anche la vita sociale, o la sua assenza, può contribuire a plasmare gli abitanti del nostro intestino. Raccogliamo alcuni dei nostri microbi dal contatto con altre persone e con l’ambiente circostante, quindi l’isolamento può rendere il nostro microbioma meno diversificato. In effetti, si pensa che sia una delle cause della mancanza di diversità microbica associata ai problemi di salute in età avanzata. “Il microbioma sociale è acquisito dai familiari, dagli amici, dall’ambiente”, afferma O’Toole. “Non dobbiamo aver paura di uscire, di incontrare persone, di lavorare in giardino”.
Per questo Cryan ha un ultimo consiglio da dare: se le circostanze ve lo permettono, prendete un cane. “L’altra cosa che fa bene al microbioma è avere un animale domestico”, dice. Da uno studio del 2022 è emerso che i cani influivano in modo positivo sul microbioma dei loro padroni.
Più impariamo a conoscere i microbi del nostro intestino, più modi troviamo per renderli sani. “Dalla nostra ricerca e da altre risulta chiaro che prendersi cura del microbioma intestinale dovrebbe essere una priorità per la salute pubblica”, afferma Spector. ◆ bt
◆ I probiotici sono microbi che possono aiutare a ristabilire un microbioma sano. Possono essere assunti consumando yogurt e altri alimenti fermentati, che contengono batteri come il Lactobacillus e il Bifidobacterium. Questi probiotici stimolano le cellule immunitarie per ridurre l’infiammazione, aumentano la produzione di muco e combattono i patogeni producendo acido lattico. Ma negli adulti è improbabile che riescano a colonizzare l’intestino e vengono espulsi rapidamente, per cui devono costantemente essere rimpiazzati. Gli integratori a base di probiotici sono usati da anni per aiutare chi ha malattie come il morbo di Crohn o soffre di colite, e recentemente anche per altri disturbi, come le infezioni urinarie. Alcuni studi suggeriscono che possono essere utili anche alla salute mentale, aumentando la resistenza allo stress, riducendo l’ansia e migliorando l’umore. Ma in realtà i benefici per la salute e gli effetti collaterali di questi integratori non sono ancora stati accertati. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare non riconosce la loro efficacia. New Scientist
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Questo articolo è uscito sul numero 1544 di Internazionale, a pagina 56. Compra questo numero | Abbonati