Cultura Suoni
Brat
Charli XCX (Harley Weir)

Ogni nuovo album di Charlotte Aitchison significa una nuova era per il suo alter ego, Charli XCX. In Pop 2 l’obiettivo era diventare una pop star futuristica. Charli è stata una reintroduzione al suo personaggio. How I’m feeling now ha inaugurato la quotidianità durante la pandemia con canzoni da cameretta e Crash, il suo album di maggior successo commerciale, era una riflessione sulla celebrità. In Brat la cantante ha trovato la sua voce, abbracciando le incursioni da festaiola come mai prima d’ora. Questo è un disco grezzo ed edonistico, ma allo stesso tempo vulnerabile, il primo che corrisponde alla sua anima caotica. Brat sembra un dispaccio arrivato direttamente dal club. La produzione, realizzata da una squadra che comprende A.G. Cook, Hudson Mohawke e Gesaffelstein, è serrata, provocatoria ed esplosiva senza perdere la ballabilità. Anche se è più sicura di sé e spensierata che mai, stavolta la cantante è abbastanza audace da rivelare segreti e insicurezze con la stessa forza con cui mette in mostra i lustrini. In Brat Charli XCX ha trovato il punto d’equilibrio che la maggior parte delle pop star non convenzionali possono solo sognare: fa musica sperimentale, ma si gode la festa fino in fondo.
Gio Santiago, Resident Advisor

Below the waste
Goat Girl (Holly Whitaker)

La discografia delle Goat Girl continua a evolversi anche nel terzo album. Dal 2018 la band è stata una forza creativa dinamica e ora torna con sedici canzoni in cui fonde art pop eccentrico, post-punk e freak folk. Below the waste comincia con il brano Reprise, una fosca sequenza di accordi per chitarra accompagnati da un banjo e da un’armonia vocale; è l’apripista per la dissonante Ride around, che testimonia il tipo di complessità presente nel resto del disco. La successiva Words fell out è un momento più tipicamente indie, ma le melodie e i sintetizzatori sono una delizia per le orecchie. In tutto l’album il suono del basso è fantastico, come dimostra Play it down. Musicalmente parlando, il trio londinese non è mai rimasto in un unico luogo, anzi cambia forma a piacimento. La mia canzone preferita del disco comunque è Where’s ur 3, dotata di un groove tra i più interessanti in assoluto nella loro produzione, nella quale la melodia vocale orecchiabile compensa la parte strumentale più pesante. Ascoltare Below the waste è come stare sulle montagne russe, grazie alle continue sorprese che fanno pensare a un sogno vivido di cui ti ricordi ogni dettaglio.
Ben Lock,Northern Transmissions

Weinberg: sonate per violoncello solo

Diciamolo chiaro fin dall’inizio: le quattro sonate per violoncello solo di Mieczysław Weinberg sono un contributo importante alla letteratura dello strumento. La loro composizione abbraccia un quarto di secolo: la prima sonata, del 1960, è scritta per Mstislav Rostropovič; l’ultima è del 1986 ed era un regalo di compleanno per Valentin Berlinskij (violoncellista del Quartetto Borodin). La scrittura di Weinberg rende giustizia alle possibilità tecniche ed espressive del violoncello. L’ineludibile antecedente bachiano si fonde con la natura ibrida tipica del ventesimo secolo. In Weinberg la mescolanza di varie suggestioni crea una drammaturgia imprevedibile ma non per questo meno netta. Tragedia, veeme­nza, lirismo e solitudine: tutto nella stessa sonata e spesso nello stesso movimento. Colpisce che tre delle quattro sonate si concludano con un movimento veloce in sordina, come se Weinberg cercasse un anticlimax: è il segno paradossale di un compositore la cui voce più autentica è stata messa a tacere per decenni dal nazismo e dallo stalinismo. Brunello non ha solo tutte le virtù tecniche necessarie per queste pagine, ma rivela una forte affinità con i sentimenti di un musicista finalmente ricono­sciuto tra i grandi creatori della seconda metà del novecento.
Stefano Russomanno, Scherzo

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1567 - 14 giugno 2024

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