Il segno grafico dolce e voluttuoso, in Pratt il veneziano come in Manara il veronese, è sinonimo di vita, di bellezza della vita, pur essendo opposti per tutto il resto. Ma questa comunanza spirituale del segno è tanto più importante per i due straordinari romanzi a fumetti realizzati dalla coppia e qui riuniti per la prima volta, Tutto ricominciò con un’estate indiana (del 1986) ambientato nel Nordamerica del seicento non lontano da Salem, ed El Gaucho (del 1995), ambientato a inizio ottocento con la presa di Buenos Aires da parte degli inglesi, che tentano di rifarsi della perdita delle colonie americane. Sono due storie di morte. La morte è addirittura fondativa. Lo è in El Gaucho, notevole narrazione di come la macchina militare, sempre spietata in Pratt, sia sinonimo di un colonialismo che falcidia tutti o quasi. Ma lo è soprattutto in Tutto ricominciò con un’estate indiana, che si apre con una lunga e celebre sequenza senza testo: lo stupro di una ragazza bianca da parte di due giovani nativi tra le dune, a cui segue la morte brutale dei due ragazzi. La sensualità materica del segno di Manara rovescia il represso di un mondo puritano fino alla spietatezza e unisce insieme vita e morte. Ed esprime la dimensione da fiaba sognante, da leggenda fuori dal tempo: quella di un nuovo Eden, con lo sguardo dei primi pellegrini su quelle terre vergini. Con Pratt e Manara l’arte restituisce sempre il senso del bello.
Francesco Boille
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Questo articolo è uscito sul numero 1480 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati