Folle, iconoclasta quanto maturo, è l’esordio folgorante di un autore romano incentrato su un’invasione aliena e un’adolescente. Ambientato in un futuro e in un luogo imprecisati, trasfigura in un pop psichedelico raffinatissimo l’estetica manga, fondendo l’horror (Suehiro Maruo e Junji Ito), gli ufo robot di Go Nagai o la saga di Godzilla per rivelarci il giocattolo delle finzioni come dell’umanità. La protagonista Pamma, come altri adolescenti afflitta da vessazioni e bullismo, per reazione diviene una sorta di versione al femminile del robottino Astro Boy, infinita saga fantascientifica per ragazzi del re del manga Osamu Tezuka, ma porta in sé qualcosa d’indefinito, legato al gender. Pamma è un’allegoria allucinata della trasformazione del corpo durante l’adolescenza e dell’incertezza su quello che diverrà. Ma più di tutto sembra la metafora dell’epoca postmoderna, surrogato della grandezza del mondo che fu ma anche una sorta di suo condensato. Perché, per quanto il racconto sia coloratissimo e ludico, è anche profondo. Ogni immagine è tanto perfetta estericamente e forte che si potrebbe isolare in un quadro. E la narrazione impressionistica è veicolo d’immagini inquietanti, di ombre del nostro tempo. Del resto un’ombra, o se si preferisce una silhouette da ombre cinesi, si staglia con nettezza sulla copertina. Un vero racconto alieno, inteso in senso ampio.

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Questo articolo è uscito sul numero 1531 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati