Con commendevole rapidità, Maurizio Crozza ha assestato due colpi assai efficaci. Due imitazioni scritte, imbastite e diffuse nell’immediatezza dei fatti. La prima è relativa a Sangiuliano, all’intervista che il Tg1 ha dedicato all’affare Boccia. La seconda al successore di fresca nomina Alessandro Giuli, già direttore del Maxxi. Imitazioni istantanee dovute alla promozione del suo programma su la Nove e alla necessità di anticipare i temuti social, fino a quel momento capaci di sfornare solo battute e qualche fotomontaggio. Crozza va oltre. Coglie, grazie all’abilità sua e dei suoi autori, Andrea Zalone in testa, il punto nevralgico dei due protagonisti. Di Sangiuliano individua il ruolo in commedia (“lo zimbello”) e la vera antagonista, Giorgia Meloni; di Giuli impagina con un perfetto trucco e parrucco la virtù della sua immagine pubblica: ammorbidire con tono suadente anche i pensieri più agghiaccianti. Editoriali perfetti per acume e sintesi, che vanno oltre la verosimiglianza del travestimento. Crozza capitalizza l’arte dell’imitazione, che da Noschese in poi punta sul personaggio per spiegare il contesto, allargandone i confini: empatizza col Sangiuliano di turno, non infierisce, ma ne fa parodia per bastonare i mandanti. Applica alla satira un rigore politico che, cattivo e lucido, esercita penetrando nella linfa profonda dello zimbello, dandogli la voce non concessa. Più che imitatore, ventriloquo. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1580 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati