Il canone, oltre a finanziare programmi e stipendi, diventa un mezzo di sostegno e cura per gli artisti. Nella tv generalista, dove il ricambio generazionale è pressocché inesistente, conduttori e conduttrici avanzano in fila indiana nel regno della terza età governato dalla triade: presbiopia, presbiacusia e osteoporosi. Le conseguenze produttive sono sempre più marcate. Le prove in studio di balletti ed esibizioni canore cedono il posto a scrupolose bonifiche da parte del presentatore che, assistito da tecnici e autori, cammina lungo il palco monitorando eventuali dislivelli e alzatine. Elimina gomitoli di cavi prima che questi, facendolo inciampare, lo uccidano in diretta. Il suggeritore tara la dimensione delle scritte sul gobbo elettronico con la precisione di un oculista, e così il fonico, che non bada ai watt. Lo sgabello per le interviste viene osservato con la stessa serenità riservata a uno strumento di tortura: se ne testano l’altezza, l’inclinazione, la morbidezza della seduta. I tempi di scaletta sono parametrati alla mobilità delle rotule e quelle che un tempo erano luci vengono oggi subite come fari alieni che accecano le diottrie rimaste. L’umore del conduttore, tra impedimenti fisici e un pudore comprensibile, vira verso un’irascibilità che degenera in aperta incazzatura. Non di rado si aggrappa a una scusa qualsiasi per abbandonare lo studio, lanciando una raffica di insulti dal marcato contenuto antisindacale. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1591 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati