Di fronte ai progressi dell’intelligenza artificiale e al suo impiego nella politica e nelle guerre, sono in molti a preoccuparsi dei rischi di una disumanizzazione delle decisioni collettive e a temere che l’umanità possa perdere il controllo sul proprio futuro. In questo libro David Runciman, politologo a Cambridge e brillante divulgatore, prova ad attaccare questa idea da due fronti. Da un lato sostiene che una prima singolarità tecnologica (il momento in cui il processo tecnologico supera la capacità di comprensione degli esseri umani) si è già presentata con l’avvento della modernità, quando sono state create le nazioni e le imprese, soggetti artificiali che perseguono i propri fini e non quelli degli individui. Dall’altro suggerisce che siamo ancora in tempo per “affidare il complesso processo decisionale a macchine intelligenti senza abdicare alla responsabilità personale”, ottenendo “il meglio di entrambi i mondi”. Nonostante la ricchezza di esempi tratti dalla storia, dalla scienza e dall’attualità, il libro non riesce a essere rassicurarnte fino in fondo. Proponendo implicitamente la modernità liberale e la responsabilità delle imprese come freni al rischio di una deriva disumana della politica e dell’economia sembra non cogliere tutte le conseguenze delle premesse che pone, dal momento che proprio quella politica e quella economia ci hanno condotto al punto in cui ci troviamo. ◆

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1572 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati