Il presidente iraniano Ebrahim Raisi è morto il 19 maggio quando l’elicottero su cui viaggiava con una delegazione di alti funzionari iraniani è precipitato sulle montagne settentrionali dell’Iran, rendendo ancora più incerto il futuro del paese e della regione. Anche il ministro degli esteri Hossein Amir-Abdollahian è rimasto ucciso nell’incidente avvenuto nella provincia iraniana dell’Azerbaigian orientale, ha confermato l’agenzia di stampa della Repubblica islamica. Una fitta nebbia ha ostacolato le operazioni di ricerca e soccorso per ore, prima che fosse individuato il luogo dello schianto. La nebbia era così densa da costringere gli iraniani a chiedere il supporto dei satelliti dell’Unione europea per localizzare l’elicottero.

La morte di Raisi chiude un’epoca breve ma piena di cambiamenti, in cui l’Iran ha virato verso la linea dura e ha minacciato di portare il Medio Oriente sull’orlo di una guerra regionale. Dal 2021, in quasi tre anni al potere, Raisi ha spostato la politica interna in una direzione più conservatrice e ha spinto ancora di più l’Iran verso il ruolo di antagonista degli Stati Uniti nella regione, dopo che il suo predecessore, Hassan Rouhani, aveva cercato prima una distensione con l’occidente sul programma nucleare iraniano e poi aveva intensificato gli attacchi delle milizie alleate.

Una strategia consolidata

Raisi è stato un giurista islamico noto per il suo stretto rapporto con l’ayatollah Ali Khamenei. Era considerato da molti funzionari ed esperti un probabile candidato a succedere all’anziana guida suprema. Durante il suo mandato ha accelerato l’arricchimento dell’uranio e rallentato i negoziati sul nucleare dopo l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo nel 2018, tre anni prima della sua elezione.

L’Iran sotto la guida di Raisi ha anche sostenuto la Russia nella guerra contro l’Ucraina esportando grandi quantità di droni Shahed e munizioni; ha alimentato gli attacchi compiuti nella regione dalle milizie sue alleate contro gli Stati Uniti e Israele dopo gli attentati di Hamas dell’ottobre 2023 in Israele; e ha lanciato una grande operazione con droni e missili contro Israele appena un mese fa.

Secondo gli esperti, a prescindere da chi sostituirà Raisi, è improbabile un cambiamento di questa strategia, che si è consolidata nelle sfere più alte della leadership politica e religiosa iraniana.

“Con Raisi, senza Raisi, il regime è abbastanza soddisfatto del modo in cui si sta delineando il Medio Oriente dopo il 7 ottobre”, ha detto Behnam Ben Taleblu, esperto di Iran della Foundation for defense of democracies (Fdd). “Teheran è stata in grado di continuare la sua strategia di ‘stillicidio’, colpendo gli Stati Uniti e Israele attraverso le milizie alleate e poi anche direttamente con il botta e risposta di aprile, dando comunque l’idea di aver vinto questo round”.

Come prevede la costituzione iraniana, il primo vicepresidente Mohammad Mokhber sarà a capo del governo per cinquanta giorni, fino alle elezioni fissate per il 28 giugno. Secondo gli analisti, alle legislative di marzo l’affluenza ha registrato un record negativo. Inoltre, Khamenei e i suoi alleati avevano compiuto notevoli sforzi per assicurare la vittoria di Raisi nella tornata del 2021, squalificando i potenziali rivali.

Prima di diventare presidente, Raisi aveva fatto parte della commissione iraniana che nel 1988 fece eseguire le condanne a morte di circa cinquemila dissidenti. Era stato accusato di crimini contro l’umanità dalle Nazioni Unite ed era stato sanzionato dal dipartimento del tesoro degli Stati Uniti. La linea del pugno di ferro è continuata con la morte di Mahsa Jina Amini sotto la custodia della polizia religiosa nel settembre 2022, che ha scatenato le proteste in tutto il paese.

Oltre l’orizzonte del voto, c’è il rischio di uno sconvolgimento ai vertici della classe dirigente iraniana. I possibili successori di Khamenei, che ha 85 anni, sono pochi (tra loro c’è suo figlio Mojtaba Khamenei), e la morte di Raisi potrebbe gettare ulteriore scompiglio nel futuro politico del paese. Anche i Guardiani della rivoluzione islamica, che sono il ramo più importante delle forze armate iraniane e controllano gran parte dell’economia del paese, potrebbero sfruttare il disordine per rafforzare la propria posizione. “Non c’è un erede legittimo”, ha confermato David Des Roches, che insegna al Near East South Asia center for strategic studies della National defense university di Washington ed è un colonnello dell’esercito statunitense in pensione. “Sarà interessante vedere se i Guardiani realizzeranno un colpo di stato al rallentatore”.

Preghiere e fuochi d’artificio

Mentre i soccorritori cercavano l’elicottero di Raisi, i mezzi d’informazione statali chiedevano al popolo di pregare per lui. Ma alcuni iraniani hanno celebrato con fuochi d’artificio, esultando per la scomparsa del leader della linea dura.

“L’incidente di oggi e la morte del presidente Raisi e del ministro degli esteri scuoteranno la politica iraniana”, ha scritto Afshon Ostovar, professore associato alla Naval postgraduate school di Monterey, in California, ed esperto di Iran, in un post su X. “Indipendentemente dalla causa, si diffonderà l’idea di un gioco sporco all’interno del regime. Gli elementi ambiziosi potrebbero fare pressioni per ottenere vantaggi, provocando le reazioni di altre fazioni del regime. Allacciate le cinture”.

Anche se per gli esperti è improbabile che dalle elezioni possa uscire un presidente moderato, la morte di Raisi potrebbe concedere un piccolo spiraglio ai movimenti di protesta rimasti attivi ma in modo meno evidente.

“I movimenti non sono morti”, ha dichiarato Ben Taleblu, esperto dell’Fdd. “Operano sotto traccia, alla periferia, di solito si manifestano con scioperi, attività sindacali, cose simili. Potrebbero scatenare qualcosa a livello nazionale o non portare a nulla. Ma la storia del movimento di protesta iraniano è sempre una questione di quando e non di se”. ◆ adg

Dall’Iran
Le priorità politiche

L’Iran ha decretato cinque giorni di lutto nazionale per la morte del presidente Ebrahim Raisi e di alcuni funzionari del governo. Decine di migliaia di persone hanno partecipato ai funerali che si sono svolti il 21 maggio a Tabriz, il capoluogo della provincia dell’Azerbaigian orientale dove è precipitato l’elicottero di Raisi. I principali giornali del paese, sia riformisti sia conservatori, si chiedono quali saranno le conseguenze per la politica dell’Iran.

Secondo Hammihan la struttura politica del paese non subirà contraccolpi, a parte qualche piccolo cambiamento tra i ministri e nelle dinamiche tra gli schieramenti. La novità più importante, commenta il quotidiano riformista, sarà il rafforzamento del campo dei fondamentalisti, che avranno più margine di azione nel nuovo parlamento, risultato delle elezioni legislative che si sono tenute a marzo. Jahan-e Sanat raccomanda “sobrietà” per il periodo di transizione di cinquanta giorni, fino all’elezione del prossimo presidente. I politici e l’organo di controllo che devono preparare il paese al voto hanno il difficile compito di “gestire la politica interna ed estera in mancanza delle due figure principali di riferimento”: il presidente e il ministro degli esteri, morto anche lui nell’incidente. Per il quotidiano economico le priorità in questo periodo sono continuare il dialogo con l’occidente e scoprire perché l’elicottero è precipitato.

I giornali di opposizione nella diaspora criticano invece l’operato di Raisi e tutta la struttura del regime. Iran Wire sottolinea gli insuccessi di Raisi: la repressione delle proteste del 2022, il peggioramento della situazione economica e delle relazioni con i paesi vicini, il mancato avvicinamento con l’Arabia Saudita, lo stallo negli accordi sul nucleare e il coinvolgimento nelle tensioni regionali, arrivando quasi fino allo scontro diretto con Israele ad aprile.


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Questo articolo è uscito sul numero 1564 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati