I libri italiani letti da un corrispondente straniero.
Questa settimana Michael Braun del quotidiano
berlinese Die Tageszeitung.
Tra i “delitti eccellenti” compiuti da cosa nostra dai primi anni settanta agli anni novanta l’assassinio di Paolo Borsellino è stato uno dei più eclatanti, ma anche dei più enigmatici. Sono passati trent’anni da quando morì il giudice palermitano, il 19 luglio 1992, neanche due mesi dopo l’attentato a Giovanni Falcone. Giovanni Bianconi ricostruisce con maestria il delitto Borsellino, chiedendosi come mai Totò Riina e soci abbiano voluto fare quel “pessimo affare”, visto che lo stato rispose subito con l’introduzione del 41bis: il carcere duro per i boss. E come ci ricorda Bianconi fu il loro secondo pessimo affare, dopo l’eliminazione del generale Carlo Alberto dalla Chiesa nel 1982: anche allora lo stato aveva reagito con l’introduzione del reato di associazione mafiosa nel codice penale e con la possibilità di confiscare i beni dei mafiosi. Bianconi non dà risposte affrettate, ma racconta il sistematico depistaggio seguito all’attentato di Borsellino che portò non solo alla sparizione della famosa agenda rossa, ma anche alla condanna di sette innocenti e ritardò l’identificazione dei veri autori di ben quindici anni, dando vita a un altro dei misteri d’Italia. Il grande pregio di Bianconi è raccontare una storia intricatissima in modo lineare e scorrevole, concentrandosi sui fatti e i personaggi essenziali. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1476 di Internazionale, a pagina 95. Compra questo numero | Abbonati