Q uella in Iran è una rivoluzione femminista perché è stata avviata ed è guidata dalle donne. Noi donne siamo punti e virgola nelle storie scritte da uomini “rivoluzionari”. Questi uomini vogliono solo un po’ più di potere e non la liberazione per tutte e tutti, e pensano che noi non ne siamo consapevoli.
Gloria e potere alle iraniane che si sono impadronite del racconto e diventano oggetto e soggetto. In troppe rivoluzioni le donne sono morte, sono state picchiate, colpite e violentate, combattendo al fianco degli uomini per liberare i loro paesi. Gloria e potere alle iraniane che bruciano i loro hijab e incendiano la nostra immaginazione. Le primavere arabe del 2011 scoppiarono dopo che un uomo – Mohamed Bouazizi, un venditore ambulante tunisino – si era dato fuoco, ma sono rimaste incomplete. Ora le iraniane riaccendono i nostri cuori rivoluzionari con il femminismo che mancava a quelle rivolte. L’Iran non è un paese arabo ma le sue donne hanno raccolto il testimone, dando fuoco a uno strumento del patriarcato, che molte altre donne nei paesi vicini conoscono troppo bene.
Quando ho saputo che Mahsa Amini, una curda iraniana, era morta dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa perché non indossava il “velo in modo appropriato”, ho pensato alle altre donne sacrificate per un pezzo di stoffa. Come le quindici ragazze morte nell’incendio di una scuola alla Mecca, in Arabia Saudita, nel 2002, quando la polizia religiosa gli impedì di fuggire dall’edificio perché non indossavano il velo. Non sorprende che il regime iraniano accusi quello saudita di manovrare la rivoluzione scoppiata dopo la morte di Amini. Sono due teocrazie simili nell’avversione per le donne, con un fanatismo che da anni devasta la regione. Per questo le rivoluzioni fatte dalle donne e per le donne libereranno tutti. Quando le donne sono libere, tutti sono liberi.
La rivoluzione iraniana fu cooptata dai religiosi che rivendicavano come un successo l’aver fatto coprire i capelli delle donne di tutto il paese. A chi appartengono i tuoi capelli e il tuo corpo, se una rivoluzione in cui le donne hanno combattuto al fianco degli uomini impone l’hijab subito dopo aver dichiarato vittoria? Quando ti strappi l’hijab e ti tagli i capelli in pubblico stai finalmente portando a termine la rivoluzione che i teocrati e i misogini ti hanno portato via. Stai comunicando che il tuo corpo ti appartiene. Siamo più di quello che abbiamo sulla testa e tra le gambe.
Per strada e in casa
Durante la rivoluzione del 2011 gli egiziani gridavano “pane, libertà, giustizia sociale”. I cori che sentiamo oggi in Iran ci ricordano che niente di tutto questo è possibile senza il femminismo: “Donne, vita, libertà”.
Una rivoluzione femminista prende di mira il patriarcato nello stato, per strada e in casa, perché riconosce che non c’è liberazione senza liberazione sessuale e di genere. Una rivoluzione femminista disobbedisce a chi dice “la gente non è pronta”, perché sa che aspettare che le nostre comunità siano pronte vuol dire arrivare in ritardo. La teocrazia dev’essere combattuta da una rivoluzione femminista, altrimenti è solo un’altra sfumatura del patriarcato.
Voi siete pronte? Se le donne (e gli uomini) in uno dei più efficienti stati di polizia sono così coraggiose, voi cosa state facendo? Bruciate tutto. Mirate alla vostra “polizia religiosa” e a ciò che ha reso obbligatorio, e riducetelo in cenere. ◆ fdl
Mona Eltahawy è una scrittrice, attivista e femminista egiziana che vive negli Stati Uniti. Feminist giant è la sua newsletter.
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Questo articolo è uscito sul numero 1480 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati