“Che serie bastarda”, dice Jack Thorne con una risatina. “Proietta un’ombra lunghissima su tutti noi”.
È difficile immaginare Thorne, un autore che con i suoi risultati prodigiosi e la sua etica ossessiva del lavoro è diventato una leggenda, invidioso di un’altra sceneggiatrice. Mr Bates vs the post office di Gwyneth Hughes, però, non è una serie tv come le altre. Ha cambiato le cose: dopo essere andata in onda su Itv nel 2024, lo sdegno dell’opinione pubblica suscitato dallo scandalo del fatto reale a cui si ispirava (nel 1999 alcuni impiegati delle poste furono ingiustamente accusati di aver rubato dei soldi dalle loro filiali) si è riacceso al punto che il primo ministro ha annunciato una nuova legge per scagionare e risarcire i gestori degli uffici postali locali condannati per errore e a Paula Vennells, l’ex direttrice del Post office, l’azienda che gestisce le poste nel Regno Unito, è stata revocata l’onorificenza dell’ordine dell’impero britannico.
“Per tutta la vita ho cercato di scrivere storie per la televisione con un contenuto politico, quindi è stato difficile sentire che una serie tv può arrivare a fare tanto”, dice Thorne. “Ero invidioso. Spero un giorno di scrivere qualcosa con lo stesso impatto”. In verità molti suoi lavori in tv hanno avuto un certo impatto (National treasure, His dark materials, Help), anche a teatro (Harry Potter e la maledizione dell’erede, The motive and the cue) e, meno spesso, i film (Enola Holmes). Ma un effetto paragonabile a quello di Mr Bates vs the post office sull’opinione pubblica e la politica resta la sua aspirazione.
Ho incontrato Thorne, che ha 46 anni e un aspetto un po’ dimesso nonostante i suoi quasi due metri di altezza, in un edificio in vetro dietro la stazione di St. Pancras, a Londra. È così prolifico – una parola che detesta, “sembra che non me ne importi niente”– che ha sempre diversi progetti in fase di sviluppo. Ma cominciamo a parlare concentrandoci sui suoi ultimi due lavori, usciti da poco su Netflix.
Il primo, Toxic town, è stato accolto da recensioni entusiastiche. È la storia vera dello scandalo dei rifiuti tossici di Corby, quando negli anni ottanta e novanta molti bambini della cittadina del Northamptonshire nacquero con problemi di salute. In una causa definita “l’Erin Brokovic britannica”, un gruppo di madri coraggiose portò il consiglio comunale in tribunale. Le donne erano convinte che la bonifica frettolosa e sregolata dell’acciaieria locale fosse responsabile del loro avvelenamento e di quello dei loro futuri figli.
L’altra nuova serie, Adolescence, è una storia girata a Sheffield e parla di un ragazzo di tredici anni arrestato per l’omicidio di una compagna di scuola. Incontro Thorne lo stesso giorno in cui il primo ministro britannico Keir Starmer parla di un’espansione del nucleare nel Regno Unito e solo tre giorni prima dell’omicidio del quindicenne Harvey Willgoose, ucciso a coltellate nella sua scuola a Sheffield. Non si può negare che Thorne sappia cogliere lo spirito del tempo.
Thorne è felice di non essere stato ragazzo negli anni degli smartphone
Impossibili da finanziare
Toxic town è un classico racconto alla Davide contro Golia. È spiritoso e appassionato: “Volevo trovare un tono simile a quello scelto da Shane Meadows per This is England, schietto ma non infelice”, dice Thorne. La storia, però, è percorsa anche da un bruciante senso di rabbia e ingiustizia: “Era come se in questo paese ci fosse bisogno di parlare di rifiuti. Starmer ha annunciato un’espansione del programma nucleare, ma si sta tenendo conto dei costi legati allo smaltimento dei rifiuti? Perché altrimenti ripeteremo gli stessi errori e saranno sempre le stesse comunità di lavoratori a pagarne le conseguenze”.
Il mese scorso Patrick Spence, che ha prodotto Mr. Bates e The hack, la serie tv di Thorne che parla di pirateria telefonica in uscita per Itv, ha ammesso che nessuna di queste serie sarebbe stata realizzata se fosse stata proposta oggi, nel clima più cauto del 2025. “Sarebbero impossibili da finanziare”, ha dichiarato al sito Deadline. “È culturalmente devastante”.
Eppure Netflix ha destinato fondi a una storia sulla cattiva gestione dei rifiuti. “Sento la responsabilità di aver firmato un lavoro che dimostra che esiste un pubblico per questo genere di serie”, dice Thorne. “E a essere sincero sarei terrorizzato che non fosse così”.
Non può svelare molto su The hack, basato sulle inchieste di Nick Davies nel mondo della pirateria telefonica per News of the World. Ma se nel caso di Toxic town è stato complesso orientarsi nelle questioni legali, con The hack, che andrà in onda quest’anno, è stato “quasi impossibile, perché hai a che fare con persone molto potenti”. Thorne sottolinea che la serie celebra il giornalismo, perché dimostra in che modo l’inchiesta di Davies ha contribuito a rimediare a un torto: “Scrivere una serie sul giornalismo che sarà sottoposta al giudizio dei giornalisti? È una cosa stupida da fare”, ammette. “È stato difficile scriverla e sono spaventato, ma anche fiero di quello che abbiamo fatto”.

“Spaventato” è una parola che usa anche parlando di Adolescence, ma per motivi diversi. La serie, che ha scritto insieme a Stephen Graham (uno degli attori), è tra i lavori migliori di Thorne e dà la sensazione di essere profondamente personale, cosa per lui insolita. È stato Graham a proporgli di fare qualcosa sugli accoltellamenti e di girare ogni episodio con un unico piano sequenza – la regia è del re del piano sequenza Philip Barantini, collaboratore dell’attore in Boiling point – ma i temi della paternità e della mascolinità sono tratti dalla vita di Thorne.
Oltre a portarci nel sistema di giustizia penale alle prese con il processo di un minore accusato di omicidio, la serie esplora le pressioni che i giovani uomini e i ragazzi devono affrontare nel Regno Unito di oggi. Un ricercatore ha suggerito a Thorne e Graham di guardare nel mondo misogino online dei maschi. “Appena abbiamo aperto quel vaso di Pandora tutto ha acquistato un senso”, dice Thorne. “La serie non è solo un prodotto contro Andrew Tate (un ex campione di kickboxing famoso per i suoi video violenti e misogini). I video che i ragazzi guardano sono molto più oscuri di Tate e le persone che li consigliano sono molto più pericolose di lui. È terrificante. Ho un figlio di otto anni e mi ha fatto venire voglia di metterlo in una scatola e tenercelo chiuso dentro per i prossimi dieci anni”.
Il ragazzo accusato, Jamie (interpretato da Owen Cooper, uno straordinario esordiente), è preso in un groviglio caotico e confuso, incerto della sua mascolinità, pieno di odio verso se stesso e gli altri – soprattutto le donne – in conflitto con i concetti di incel, campioni di rimorchio e maschi alfa. Thorne ammette che nella serie ci sono le sue paure di padre, ma anche un po’ la sua rabbia: “Io, Phil e Steve ne abbiamo parlato molto e tutti, in momenti diversi, abbiamo avvertito un disagio rispetto al nostro essere maschi bianchi. Al centro della serie c’è la necessità di essere sinceri su questo disagio”, dice.
In Jamie c’è anche molto di Thorne. “Ricordo di essere stato quel ragazzino inadeguato”, racconta. “Ho un disturbo dello spettro autistico e quella è la storia della mia adolescenza. Non dico che Jamie sia come me, ma ricordo che guardando gli altri pensavo: non vedo come potrei essere coinvolto nella tua conversazione o nella tua vita. Ricordo di essermi detestato e penso che in Jamie ci siano tutti questi aspetti. Un odio di sé reale e profondo”.
Thorne ha ricevuto la diagnosi solo nel dicembre 2022, dopo che un ascoltatore gli chiese se avesse mai preso in considerazione l’ipotesi di avere un disturbo dello spettro autistico. La diagnosi gli ha cambiato la vita? “Non lo so ancora”, dice. “Il mio equilibrio tra lavoro e vita privata è distruttivo come sempre. Il rapporto con mia moglie e mio figlio è più o meno lo stesso. Un po’ più facili sono i risvegli alle tre del mattino, quando ti senti frustrato per i tuoi anni da adolescente, per tutte le esperienze vissute a vent’anni, per la crudeltà che hai mostrato. Non significa che me lo sono perdonato, ma almeno riesco a dargli un senso”.
Il potere delle storie
Thorne, che è nato nel 1978, è felice di non essere stato adolescente negli anni di internet e degli smartphone. “Da ragazzino restavo sveglio fino a tardi. Leggevo libri fantasy. Se avessi avuto uno smartphone… è orribile pensare ai posti in cui sarei potuto andare. Mi sarei fatto del male”. Oggi pensa a suo figlio. “È spaventoso”, ripete. “In questo momento ci sono il sole e la lettura di Lo hobbit. Le persone più importanti nella vita di Elliott sono i gladiatori e il comico Michael McIntyre, ma cosa succederà quando non sarà più così?”.
Thorne ha scritto Adolescence mentre lavorava a un adattamento di Il signore delle mosche di William Golding (in uscita l’anno prossimo per la Bbc). L’estate scorsa saltava da un set all’altro, rimbalzando da un ragazzino problematico a quaranta ragazzini problematici. Thorne spera che riusciremo a provare empatia per loro, per il tormentato Jamie o il selvaggio Jack del Signore delle mosche, un personaggio che, secondo lui, Golding tratta con “molto più amore di quanto ricordiamo. Possiamo liquidare il libro come la storia di un gruppo di ragazzini su un’isola che si comportano in modo antipatico gli uni con gli altri, ma non penso che Golding l’abbia scritto per questo. Tutti noi siamo capaci di queste cose. E secondo me le storie hanno il potere di farcelo capire”.
Thorne si divide spesso tra più progetti contemporaneamente: “Ho sempre trovato molto conforto nel lavoro”, anche se “quando sei un autore abbastanza fortunato da poterlo vedere realizzato ti chiedi se forse non stai facendo troppo”, dice. “Se stai negando ad altri la possibilità di dire la loro, occupando lo spazio che spetterebbe a qualcun altro e raccontando storie che dovrebbero raccontare altri”.
Thorne non è d’accordo con me quando gli faccio notare che la sua carriera si è spostata verso storie più sociali, ma ammette che i suoi genitori, che hanno lavorato e militato per tutta la vita a favore dell’uguaglianza, sono sempre al suo fianco. “E questo vale anche per i miei fratelli. Tutti in famiglia cerchiamo di fare qualcosa d’importante dal punto di vista sociale: io credo che la tv lo sia, e questo sta dietro a tutte le mie decisioni”.
I genitori di Thorne, Maggie e Mike, sono stati leggermente romanzati nello spettacolo del 2019 The end of history, in cui Lesley Sharp e David Morrissey interpretavano una coppia di attivisti di sinistra. Suo padre era un urbanista, ma anche un sindacalista, leader di un centro educativo e volontario per il Citizen advice bureau, lo sportello di consulenza per i cittadini. Maggie è stata prima insegnante poi è diventata assistente per adulti con difficoltà di apprendimento. L’infanzia di Thorne, a Bristol e poi nel Berkshire, è trascorsa tra manifestazioni, proteste e conferenze sindacali.
Quando gli chiedo se i genitori sostengono il suo lavoro o se avrebbero preferito che facesse altro, Thorne sorride: “Non sono contrari”, dice, “ma pensano che a questo punto avrei dovuto scrivere Mr. Bates vs the post office almeno cinque volte invece che neanche una”. ◆ gim
◆ 1978 Nasce a Bristol, nel Regno Unito.
◆ 2013 Scrive insieme ad altri sceneggiatori il film Wonder, tratto dall’omonimo romanzo di R.J. Palacio.
◆ 2016 Va in scena a Londra per la prima volta la sua opera teatrale Harry Potter e la maledizione dell’erede, che ottiene un grande successo.
◆ 2022 Gli viene diagnosticato un disturbo dello spettro autistico.
◆ 2025 Esce su Netflix la serie Adolescence, scritta insieme a Stephen Graham.
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Questo articolo è uscito sul numero 1607 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati