L’esordio di Amal Oursana arriva dopo il premio speciale della giuria popolare nella diciottesima edizione del concorso letterario nazionale Lingua madre. Comincia con la scelta di un nome: con il censimento del 1950 il protettorato francese impone alle famiglie marocchine di scegliere un solo cognome. Quando nell’agosto di quell’anno nasce Rahhal, suo padre Haj Al Kabir amputò un pezzo della storia iscritto nel proprio nome, e al contempo lo battezzò con uno che significava “viandante”. La vicenda della famiglia di Rahhal sarà all’altezza di quel nome, dipanandosi tra Marocco, Francia e Italia. La trama si specchia anche nella biografia dell’autrice, nata in Francia da genitori marocchini, che trascorre l’infanzia in Marocco e l’adolescenza in Italia. Nel tempo Rahhal fa spazio alla voce narrante della moglie Fatna, che lo trascina a Modena estenuata dalla lunga separazione della famiglia tra due paesi; ai figli Tarik e Assìa, francesi trapiantati in Italia e provati psicologicamente dall’essere stati sradicati molte volte; alla figlia Iman, italiana con origini marocchine. Il segreto nel nome comincia lentamente, forse cede al didascalico, alla pura cronaca, ma più entra nella storia, nella stratificazione della memoria, più rivela un romanzo familiare, intimo e quotidiano da cui è difficile staccarsi. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1585 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati