Entro in questo romanzo con molta cautela, e devo dire che il primo capitolo-prologo non aiuta a scivolare meglio tra le pagine. Lidia e Giovanni si conoscono all’inizio degli anni novanta e si sposano, poco più che liceali. Non sono sicura che s’innamorino, di sicuro si vogliono. Fanno appena in tempo a tornare dal viaggio di nozze per scoprire che le frequenti emicranie di Giovanni sono dovute a un tumore al cervello. Intorno a loro il fratello di lui, Jacopo; quello di lei, Alessio, con la moglie Sofia e il figlio; i genitori di lei; i genitori di lui. Tutte figure un po’ marginali che seguono a distanza la vita di coppia e di malattia di Lidia e Giovanni. Il racconto procede su due binari temporali paralleli: il presente è in ordine cronologico, il passato è a ritroso. Personalmente ho trovato più riuscita la narrazione del presente rispetto a quella che ripercorre gli antefatti, la concatenazione delle cause: la storia è più viva, il personaggio di Lidia diventa più tondeggiante, complesso, mentre gli altri restano un po’ incastrati nei loro ruoli. L’esordio di Riccardo Meozzi si presenta con una scrittura che sembra costruire le relazioni per sottrazione: si sofferma sui comportamenti, sulle parole (belli alcuni passaggi sui codici tra amanti e amati), ci lascia mettere insieme gli indizi e i frammenti di questo amore. Le ultime pagine, delicate e commoventi, valgono la lettura. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1601 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati