Asia e Pacifico

Proteste ai funerali di Abe

Tokyo, Giappone, 27 settembre 2022  (Stanislav Kogiku, Sopa images/Lightrocket/Getty)

Il 27 settembre si sono svolti a Tokyo i funerali di stato dell’ex primo ministro giapponese Shinzō Abe, ucciso a luglio durante un comizio. Alla cerimonia hanno partecipato circa cinquanta tra capi di stato e rappresentanti di governi esteri: c’erano il primo ministro indiano Narendra Modi e la vicepresidente statunitense Kamala Harris. Ma se le celebrazioni all’interno della Budokan arena si sono svolte senza intoppi, fuori migliaia di manifestanti hanno protestato contro la decisione del governo di riservare questo onore ad Abe. “Non solo per i costi ritenuti esorbitanti (11,8 milioni di dollari)”, scrive The Mainichi. “Da quando sono stati provati i legami di Abe con la chiesa dell’unificazione, fondata dal reverendo Moon, l’insofferenza è cresciuta. La cerimonia è percepita come un sostegno al gruppo religioso, che molti in Giappone considerano una setta”. ◆

Chi inquina paga i danni

Oliver Strewe, Getty

Il 23 settembre il comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha preso una decisione storica per la giustizia climatica. I giuristi di Ginevra hanno stabilito che l’Australia non ha protetto gli abitanti indigeni delle isole dello stretto di Torres dagli effetti del cambiamento climatico e che per questo Canberra deve risarcirli. “L’indennizzo non riguarda solo i danni economici, ma anche la violazione di alcuni diritti umani”, scrive The Converation, “come quello alla casa, all’unità familiare e all’accesso alla propria cultura”. La denuncia risale al 2019, quando il governo australiano era guidato da Scott Morrison: otto isolani denunciarono che i cambiamenti climatici minavano il loro sostentamento. Inoltre le mareggiate, sempre più potenti, avevano distrutto i cimiteri di famiglia, rendendo impossibili i riti per gli antenati, una pratica religiosa centrale per la loro cultura. Nel mondo sono molte le richieste di risarcimento per i danni causati dal cambiamento climatico, “per questo la decisione del comitato è un precedente significativo”, scrive il Guardian: “Alla Cop27 sarà un riferimento nuovo per i sostenitori del loss and damage , il principio secondo cui le economie sviluppate, più responsabili delle emissioni, devono assumersi i costi umani ed economici causati dalle catastrofi ambientali nei paesi poveri”.

Condannato l’ultimo Khmer

Il 22 settembre il tribunale speciale della Cambogia ha condannato in via definitiva l’ultimo leader dei Khmer rossi ancora in vita. Khieu Samphan, 91 anni, era stato capo di stato della Kampuchea Democratica (il nome ufficiale della Cambogia negli anni della dittatura comunista) tra il 1976 e il 1979. Nel 2018 i giudici lo avevano ritenuto colpevole di crimini contro l’umanità, di gravi violazioni delle convenzioni di Ginevra e del genocidio della minoranza etnica vietnamita. La corte ha respinto l’appello presentato dai suoi legali, scrive The Phnom Penh Post. La sentenza del 22 settembre mette la parola fine al processo istituito per giudicare gli esponenti del regime responsabili della morte di 1,7 milioni di persone. Molti familiari delle vittime, però, non si considerano pienamente soddisfatti, scrive il New York Times: “Il procedimento è costato 330 milioni di dollari e in sedici anni ha portato alla condanna di appena tre persone”.

Infedeli alla linea

Le testate cinesi controllate dal governo hanno criticato la mobilitazione dei 300mila riservisti russi annunciata da Vladimir Putin il 21 settembre. “Si tratta di una svolta sorprendente”, secondo Asia Times. Alcuni articoli comparsi sulla stampa hanno affermato che l’impiego di nuovi combattenti non cambierà le sorti del conflitto, e che il morale dei soldati russi è basso a causa dei pasti scarsi e delle armi obsolete. Hu Xijin, ex caporedattore del Global Times, quotidiano controllato dal Partito comunista, ha condannato la minaccia atomica di Putin: “L’uso di armi nucleari tattiche garantirebbe alla Russia un vantaggio militare, ma metterebbe in pericolo la pace globale”.

India

Hindustan Times

Il 23 settembre quasi mezzo milione di capi di bestiame sono stati liberati per le strade e dentro gli edifici pubblici del Gujarat in segno di protesta contro il governo. Dal 2017 macellare bovini nello stato può essere punito con l’ergastolo, e per evitare ingorghi e incidenti causati dagli animali abbandonati, la tutela delle mucche è stata affidata a organizzazioni non profit. Secondo The Indian Express, l’amministrazione però non ha stanziato i fondi necessari alla gestione delle stalle, circa 1.750, scatenando l’ira delle associazioni.

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1480 - 30 settembre 2022
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