Il 13 novembre un tribunale di Teheran per la prima volta ha condannato a morte una persona accusata di aver partecipato alle proteste che vanno avanti da due mesi. La motivazione è “aver incendiato un edificio governativo e cospirato contro la sicurezza nazionale”. Nei tre giorni successivi sono state condannate a morte altre quattro persone. Almeno venti sono accusate di reati che possono essere puniti con la pena capitale, secondo l’ong Iran human rights. Intanto, i manifestanti stanno attuando una nuova tattica, scrive Radio Farda: si avvicinano ai religiosi per strada e gli tolgono il turbante, prima di fuggire. Nella foto la guida suprema Ali Khamenei .
Le prime condanne
Esportatore di gas
Il 13 novembre il presidente mozambicano Filipe Nyusi ha annunciato la partenza del primo carico di gas naturale liquefatto estratto in un giacimento offshore gestito dall’Eni nella provincia del Cabo Delgado. Business Insider Africa scrive che il gas africano aiuterà l’Europa a rendersi autonoma dalla Russia per l’approvvigionamento energetico.
Si prepara il nuovo governo
Il 13 novembre il presidente israeliano Isaac Herzog ha incaricato l’ex primo ministro Benjamin Netanyahu, vincitore delle elezioni del 1 novembre insieme ai suoi alleati di estrema destra, di formare un nuovo governo. Netanyahu, che ha 73 anni ed è sotto processo per corruzione, potrebbe diventare primo ministro per la sesta volta. Ha a disposizione 28 giorni per mettere in piedi una squadra di ministri, più altre due settimane, se necessario, ricorda il Jerusalem Post. ◆ Il 15 novembre Israele ha detto che non collaborerà con l’indagine dell’Fbi sull’omicidio della giornalista palestinese-statunitense Shireen Abu Akleh, avvenuto a maggio in un’operazione dell’esercito israeliano in Cisgiordania. Il ministro della difesa uscente, Benny Gantz, ha definito l’indagine “un grave errore” e “un’interferenza negli affari interni israeliani”.
Progressi a Nairobi
La scorsa settimana i colloqui promossi dall’Unione africana in Kenya tra i rappresentanti del governo dell’Etiopia e del Fronte popolare di liberazione del Tigrai (nella foto, la firma dell’accordo del 12 novembre) hanno fatto registrare nuovi progressi. I combattenti tigrini hanno accettato di deporre le armi in cambio della partenza di tutte le forze straniere (il riferimento, non esplicitato nella dichiarazione ufficiale, è in particolare alle truppe eritree). Entrambe le parti hanno accettato di permettere l’ingresso degli aiuti umanitari nella regione, e un primo convoglio della Croce rossa è arrivato a Mekelle il 15 novembre. Il sito Addis Standard racconta che il cessate il fuoco è stato accolto con speranza dalle tante famiglie etiopi rimaste divise dopo l’inizio della guerra, in particolare dopo l’imposizione, nel giugno 2021, del blocco delle telecomunicazioni in tutta la regione.
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