“Per mantenere il pianeta abitabile la maggioranza delle riserve di petrolio e di gas devono rimanere sottoterra. Le raccomandazioni del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) sono chiare, la loro applicazione molto meno. Chi deve sfruttare quel che si può estrarre? A rigor di logica, i governi africani. Ma i paesi occidentali li costringono a praticare una moderazione che loro invece rifiutano”, scrive Jeune Afrique in vista della conferenza sul clima Cop28, che s’inaugura alla fine del mese negli Emirati Arabi Uniti. “Invocando il diritto degli africani a sfruttare le proprie risorse, alcuni leader hanno lanciato dei progetti estrattivi, ma i combustibili fossili contribuiranno davvero allo sviluppo dei loro paesi? Questi progetti sono spesso portati avanti da aziende straniere e hanno subìto un’accelerazione da quando l’Europa cerca di fare a meno del gas russo”. Jeune Afrique ricorda che in Africa il 40 per cento della produzione petrolifera è in mano a stranieri e che tra le prime dieci aziende proprietarie di nuovi giacimenti di gas solo due sono del continente: l’algerina Sonatrach e la mozambicana Enh. ◆
Un dilemma energetico
In fuga per poche ore
Il 4 novembre è stato preso d’assalto un carcere di Conakry, la capitale della Guinea, in cui era rinchiuso l’ex dittatore Moussa Dadis Camara ( nella foto ). L’attacco, in cui sono morte nove persone, ha permesso a Camara e ad altre tre persone di evadere. I fuggitivi sono stati catturati dopo poche ore, tranne uno che resta a piede libero. Secondo il sito Le Djely, si teme che l’accaduto possa compromettere il processo su un massacro compiuto dalle forze di sicurezza guineane nel 2009, in cui Camara è il principale accusato.
Una ribellione violenta
Almeno 25 persone, tra cui donne e bambini, sono state uccise il 6 novembre da un gruppo armato nel villaggio di Egbekaw, nell’ovest del Camerun, scrive Africa News. Altre dieci sono rimaste ferite. L’attacco non è stato rivendicato, ma le autorità hanno attribuito il massacro ai separatisti delle regioni anglofone, che da sette anni si scontrano con l’esercito. I ribelli dell’Ambazonia – il nome dello stato di cui hanno unilateralmente proclamato l’indipendenza nel 2017 – in passato hanno assalito anche civili accusati di collaborare con il governo del presidente Paul Biya.
Vittoria facile
“Per la terza volta da quando si disputano i Mondiali di calcio organizzati dalla Fifa, il campionato si giocherà in Asia, visto che l’Arabia Saudita è stata l’unica a proporsi per ospitare il torneo nel 2034. È un segno del potere crescente esercitato da questa parte del mondo, potere che per l’Arabia Saudita si è manifestato con un’inaspettata rapidità”, scrive il sito saudita Arab News commentando la notizia dell’assegnazione, ormai scontata, dell’edizione 2034 al regno, dopo che l’Australia ha ritirato la sua candidatura. Secondo il quotidiano britannico Financial Times, l’affermazione saudita “è il risultato di un’ampia operazione di lobby e di pubbliche relazioni con cui il governo di Riyadh ha cercato di aumentare la sua influenza nello sport internazionale”. Il giornale cita un rapporto dell’organizzazione danese Play the game secondo cui dall’estate del 2023 i sauditi hanno concluso trecento accordi per sponsorizzazioni sportive, di cui 84 nel calcio. Allo stesso tempo, sostiene il quotidiano, l’Arabia Saudita ha approfittato di un cambio delle regole interne alla Fifa con cui sono designati i paesi ospitanti. Secondo alcune voci critiche questi nuovi meccanismi segnano un ritorno al passato, dal momento che non vanno nella direzione di una maggiore trasparenza e responsabilità.
Bombe sul mercato
Il 2 novembre almeno quindici civili sono rimasti uccisi quando dei colpi di artiglieria sono finiti su alcune abitazioni a Khartoum, la capitale del Sudan. Il giorno dopo più di venti persone sono morte in un bombardamento su un mercato alla periferia della città. Ci sono stati scontri violenti anche il 7 novembre intorno a un’importante raffineria a 70 chilometri da Khartoum, e ad Al Fashir, nel Nord Darfur. Da aprile le forze guidate dal capo dell’esercito Abdel Fattah al Burhan si scontrano con quelle comandate dal suo ex vice Mohamed Hamdan Dagalo. A Jedda, in Arabia Saudita, sono tuttora in corso dei colloqui tra le due parti per un cessate il fuoco temporaneo, ricorda il quotidiano panarabo Asharq al Awsat.
Iran L’attivista Narges Mohammadi ( nella foto ), premio Nobel per la pace 2023, ha cominciato uno sciopero della fame in prigione per protestare contro la carenza di cure mediche per i detenuti e l’obbligo per le donne d’indossare il velo, ha annunciato la sua famiglia il 6 novembre.
Diplomazia Il 6 novembre il Sudafrica ha richiamato i suoi diplomatici da Tel Aviv, in segno di protesta per un violento bombardamento condotto su Gaza dalle forze israeliane la notte precedente. Anche il Ciad, due giorni prima, aveva richiamato il suo rappresentante.
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