E alla fine anche Corrado Augias, tra i “professori” emeriti della Rai, fine divulgatore di storia, letteratura e musica sinfonica, colto ambasciatore del servizio pubblico, ha fatto armi e bagagli e ha imboccato la via per La7. Scelta personale, ha dichiarato, senza editti né contrasti. Sul canale di Umberto Cairo, che come dice Fiorello si appresta a essere, per autorevolezza e corpo docenti, l’università della tv, farà una nuova trasmissione in prima serata dal titolo La torre di Babele e ritroverà il suo pubblico, costruito negli anni. Nelle parole di commiato c’è un passaggio laterale che mi ha colpito. “A 88 anni e mezzo devo lavorare in posti e con persone che mi piacciono”. Io avevo altri progetti, non per Augias ma per me. A 88 anni e mezzo, nell’ottimistica ipotesi di arrivarci, m’immaginavo di passare le giornate con la sola ambizione di contemplare il creato. Piani messi in crisi dall’ammirevole trasporto che muove professionisti straordinari come Augias, o Renzo Arbore, in predicato per un ritorno su Rai2, o Giovanni Minoli, che dopo un lungo contenzioso con la Rai potrebbe tornare a dirigere il suo gioiello La storia siamo noi. Mi chiedo se questa lodevole primavera di anziani maestri, di decorati capitani richiamati al timone di bastimenti sgarrupati con marinai giovani non per età ma per definizione, oltre a ridisegnare le nostre aspettative future non sia in fondo parte del problema del nostro presente. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1537 di Internazionale, a pagina 102. Compra questo numero | Abbonati