Il governo cinese ha istituito un fondo d’investimento con l’obiettivo di rafforzare l’industria nazionale dei semiconduttori e raggiungere l’autosufficienza in un settore dominato dagli Stati Uniti, scrive Bloomberg. Finora il Fondo d’investimento sull’industria nazionale dei circuiti integrati ha raccolto 344 miliardi di yuan (47,5 miliardi di dollari) grazie agli stanziamenti di Pechino e di varie banche e aziende controllate dallo stato. Questa svolta è stata dettata soprattutto dai limiti alle esportazioni di processori decisi dagli Stati Uniti, che ora chiedono l’introduzione di misure simili agli alleati.
Finanziamenti per i processori
Il clima costa più del previsto
I costi economici della crisi climatica potrebbero essere molto più gravi di quanto si pensi, scrive la Neue Zürcher Zeitung. Il quotidiano svizzero cita lo studio realizzato dagli economisti Diego Känzig, della Northwestern university di Chicago, e Adrien Bilal, dell’università di Harvard. I calcoli fatti finora prevedevano che un aumento medio della temperatura di un grado avrebbe provocato un calo del pil tra l’1 e il 3 per cento. Secondo Känzig e Bilal, invece, la recessione potrebbe essere anche sei volte superiore, fino al 12 per cento del pil. Gli effetti economici di lungo periodo sarebbero notevoli. I due economisti li paragonano a quelli scatenati dalla grande depressione degli anni trenta del novecento.
Stati Uniti I lavoratori del parco Disneyland di Anaheim, in California, hanno deciso di aderire al sindacato Actors’ equity association. Secondo il National labor relations board il 79 per cento dei dipendenti si è espresso a favore del sì.
Unione europea Philip Lane, il capo economista della Banca centrale europea (Bce), ha dichiarato che alla riunione dei vertici dell’istituto a giugno, se i dati dovessero confermare un rallentamento dell’inflazione, la Bce potrebbe prendere in considerazione un ribasso del costo del denaro e quindi la fine della politica monetaria restrittiva. Il governatore della banca centrale francese Francois Villeroy de Galhau ha invece detto che il taglio è “cosa fatta”.
I soldi non bastano
Da anni il calo delle nascite spinge i governi a prendere misure generose per spingere le donne ad avere più figli, scrive l’Economist. Donald Trump ha promesso nuovi bonus se tornerà alla Casa Bianca. In Francia, dove lo stato già investe fino al 4 per cento del pil nelle politiche per la famiglia, il presidente Emmanuel Macron vuole un “riarmo demografico”. La Corea del Sud sta pensando di stanziare l’impressionante cifra di settantamila dollari per ogni bambino. “Ma questi provvedimenti in forma di agevolazioni fiscali e sussidi per l’assistenza all’infanzia si basano su un equivoco”, osserva il settimanale. In genere i governi pensano che il calo del tasso di fertilità nei paesi ricchi sia dovuto alle donne che mettono la carriera davanti alla famiglia. Invece sono soprattutto le donne più giovani e più povere che rimandano la maternità e nel complesso fanno meno figli. “Nel 1994 negli Stati Uniti una donna non laureata aveva il primo figlio in media a vent’anni. Oggi due terzi delle non laureate con meno di trent’anni non hanno ancora avuto figli”. Alla fine i governi dovranno adattarsi alla situazione ripensando lo stato sociale. E per finanziarlo, sostiene l’Economist, si dovrà, per esempio, andare in pensione molto più tardi”. ◆
Articolo precedente
Articolo successivo
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati