Africa e Medio Oriente

Intrappolate in Libano

Adri Salido, Anadolu/Getty

La commissione africana sui diritti umani e dei popoli, un organo dell’Unione africana, ha reso noto il 28 ottobre che molte lavoratrici migranti in Libano, in gran parte originarie di Etiopia, Kenya, Sudan e Sierra Leone, sono state abbandonate dai loro datori di lavoro e non riescono a uscire dal paese colpito dai bombardamenti israeliani. “Dall’inizio di ottobre l’Organizzazione internazionale per le migrazioni in Libano ha ricevuto più di settecento richieste di rimpatrio”, scrive The Continent. “Il ritorno a casa di queste donne è ostacolato dalla guerra e dal sistema tradizionale della kafala”, che garantisce ai datori di lavoro il controllo totale sulle impiegate, a cui spesso vengono sottratti i documenti perché non scappino. Molte donne sono state sfollate più volte e per sopravvivere possono contare solo sul sostegno delle reti formate da altri migranti. Nella foto, lavoratrici africane a Beirut, 2022.

Un accordo in fumo

Le autorità di Port Sudan, la città dove si è trasferito il governo sudanese, hanno cancellato il 4 novembre un accordo con gli Emirati Arabi Uniti per la costruzione di un porto sulla costa sudanese sul mar Rosso, un progetto da 6 miliardi di dollari. Secondo The East African la decisione arriva mentre si moltiplicano le accuse ad Abu Dhabi di sostenere le Forze di supporto rapido, i paramilitari che dall’aprile del 2023 combattono contro l’esercito del generale Abdel Fattah al Buhran. La guerra continua a devastare il paese: secondo un bilancio pubblicato sul sito The Conversation da un gruppo internazionale di ricercatori, in Sudan almeno 62mila persone sono morte negli scontri armati e per cause collegate al conflitto. Tuttavia, avvertono i ricercatori, è una stima molto prudente.

Il licenziamento del ministro

La sera del 5 novembre migliaia di persone hanno manifestato a Tel Aviv contro la destituzione del ministro della difesa Yoav Gallant e per chiedere al suo successore, Israel Katz, di dare la priorità a un accordo per la liberazione degli ostaggi detenuti nella Striscia di Gaza.

Il corpo come resistenza

Una studente iraniana che si era spogliata in segno di protesta, dopo essere stata molestata dal personale della sicurezza dell’università Azad di Teheran, è stata arrestata. L’hanno denunciato sui social network vari gruppi di attivisti, che chiedono alle autorità di far sapere dove si trova la giovane, di cui non è stata resa nota l’identità, e quali sono le sue condizioni. Secondo Iran Wire, gli agenti della sicurezza l’avevano fermata perché non indossava il velo obbligatorio e lei si era tolta i vestiti e aveva camminato per strada prima di essere fermata con la violenza. Alcuni video mostrano il momento in cui è caricata a forza in un’auto della sicurezza. Parlando con il sito di opposizione della diaspora, l’attivista Asieh Amini commenta che per alcune iraniane “il corpo è diventato l’unico strumento di resistenza”.

Sconfitta sorprendente

Mahalapye, Botswana, 29 ottobre 2024 (Monirul Bhuiyan, Afp/Getty)

“Dopo 58 anni al governo il Botswana democratic party (Bdp) ha perso le elezioni”, scrive S’thembiso Msomi sul giornale sudafricano Sunday Times. “Per gli osservatori della scena politica del paese era chiaro che il presidente uscente Mokgweetsi Masisi e il suo partito avrebbero avuto vita dura alle elezioni del 30 ottobre. Ma nessuno si aspettava che il Bdp avrebbe perso in modo così eclatante (ottenendo quattro seggi su 61 in parlamento, contro i 36 conquistati dall’Umbrella for democratic change, Udc). Come in gran parte dell’Africa meridionale, anche in Botswana l’economia arranca e molti cittadini ne pagano le conseguenze. Il secondo produttore di diamanti naturali al mondo è in difficoltà perché è diminuita la richiesta di queste pietre. Il tasso di disoccupazione è così salito al 27 per cento. L’aspetto positivo del voto in Botswana è che il governo ha subìto una sconfitta in un’elezione democratica e ha accettato i risultati senza ricorrere a frodi o violenze per restare al potere. Ma che ne sarà del Botswana con il suo nuovo governo? Il leader dell’Udc (un’alleanza di partiti d’opposizione), l’avvocato Duma Boko (nella foto), è il primo presidente che non fa parte del Bdp. Ha promesso di creare nuovi posti di lavoro, risanare l’economia, lottare contro la disoccupazione giovanile e riformare la sanità. Ma come spesso succede sostituire il presidente in carica è la parte più facile. Cambiare le cose sarà molto più complesso”. ◆

Altro da questo numero
1588 - 8 novembre 2024
Abbonati a Internazionale per leggere l’articolo.
Gli abbonati hanno accesso a tutti gli articoli, i video e i reportage pubblicati sul sito.
Sostieni Internazionale
Vogliamo garantire un’informazione di qualità anche online. Con il tuo contributo potremo tenere il sito di Internazionale libero e accessibile a tutti.