Come si temeva, nei giorni del Diwali (la festa delle luci, 31 ottobre e 1 novembre) a New Delhi l’inquinamento dell’aria è salito a livelli preoccupanti, 14 volte oltre la soglia ritenuta sicura dall’Organizzazione mondiale della sanità. È servito a poco il divieto di produrre, vendere e accendere fuochi d’artificio, in vigore nella capitale dal 14 ottobre 2024 al 1 gennaio 2025. La corte suprema ha chiesto spiegazioni alle autorità della città, suggerendo anche di rendere permanente il divieto. A New Delhi, una delle città più inquinate al mondo, l’aspettativa di vita è dieci anni in meno rispetto al resto del paese. ◆
Cambio di guardia
Alle elezioni legislative del 14 novembre il Potere del popolo nazionale (Npp, l’alleanza guidata dal presidente Anura Kumara Dissanayake, potrebbe prendere il controllo del parlamento srilanchese, portando a compimento un rinnovamento totale rispetto a un’elite che ha controllato la politica del paese per decenni scrive Nikkei Asia. Secondo i sondaggi l’Npp, che ora ha tre seggi in parlamento, potrebbe conquistarne 113 dei 225 in palio. Dissanayake, politico antiestablishment di sinistra, ha vinto le elezioni presidenziali a settembre con il 42,3 per cento dei voti. Nel 2022 gli srilanchesi avevano cacciato dal potere il presidente Gotabaya Rajapaksa, dopo che l’economia era precipitata in una grave crisi. Ranil Wickremesinghe, nominato primo ministro solo due mesi prima, aveva poi assunto la carica di presidente ad interim. Dissanayake ha sciolto il parlamento subito dopo la vittoria alle presidenziali e ha indetto le elezioni per consolidare il suo potere in modo da poter promulgare leggi cruciali. Molti l’hanno votato per le sue promesse di contrastare la corruzione, rilanciare l’economia e migliorare la trasparenza del governo. Dissanayake, inoltre, ha intenzione di rinegoziare il prestito ricevuto dal Fondo monetario internazionale, cercando di alleggerire le misure di austerità imposte ai cittadini.
La diga della discordia
Cinque anni fa entrava in funzione la diga di Xayaburi, il primo grande progetto idroelettrico costruito sul fiume Mekong in Laos, scrive The Diplomat. Anche se è stata annunciata dai suoi promotori come una diga “trasparente” e “incentrata sulla comunità”, in grado di esportare energia “verde” dal Laos alla Thailandia, la realtà su entrambe le sponde del fiume è un’altra. Sia i tailandesi sia i laotiani hanno riferito di una drastica diminuzione della fauna ittica, che ha creato difficoltà economiche a chi vive di pesca. Inoltre grandi fluttuazioni nel livello e nel flusso del fiume hanno eroso gli argini e reso quasi impossibile per le famiglie coltivare colture di sussistenza lungo le rive. Nel frattempo, l’opinione pubblica è stata lasciata all’oscuro in merito all’impatto reale del progetto. E se gli investitori continuano a trarre profitto dall’impianto, intanto le bollette delle famiglie in Thailandia – dove finisce la maggior parte dell’energia generata dalla diga – aumentano. Per i consumatori, infatti, l’energia generata dalle dighe e trasportata per centinaia di chilometri è più costosa rispetto ad alternative economiche a basso impatto ambientale come l’installazione di pannelli solari sui tetti. Senza contare che i cambiamenti climatici, sia la siccità sia le alluvioni, rendono le dighe inutilizzabili. Eppure sono previsti altri progetti simili.
Giustizia più debole
Il 21 ottobre il governo pachistano ha fatto approvare in meno di un’ora un serie di emendamenti costituzionali che modificano il processo di nomina degli alti funzionari giudiziari e, soprattutto, conferiscono all’esecutivo il potere di selezionare il presidente della corte suprema, il giudice che è spesso l’arbitro finale dei casi politicamente più importanti del paese. “Non c’è stato nemmeno un dibattito su questi atti legislativi destinati ad avere un impatto sull’intero panorama politico”, commenta Dawn. Il governo di Shehbaz Sharif aveva già tentato di far approvare questi emendamenti il mese scorso, senza successo. Stavolta ci è riuscito, secondo l’opposizione pagando i parlamentari o, scrive il Guardian, minacciandoli.
Giappone Secondo uno studio condotto ogni sei anni dall’Associazione giapponese per l’educazione sessuale, solo un ragazzo su cinque tra i 15 e i 18 anni ha dato il primo bacio. Tra le ragazze, una su quattro. È il risultato più basso dal 1974, quando questo tipo di studio è stato fatto per la prima volta. È dal 2005 che la ricerca registra un calo. Anche il numero dei ragazzi e delle ragazze delle scuole superiori che hanno avuto rapporti sessuali è calato e, secondo gli esperti, il dato è riconducibile alla pandemia e alle misure imposte per evitare i contagi.
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