L’era del premier conservatore giapponese Shinzō Abe è finalmente arrivata al termine. Alle elezioni del 27 ottobre per il rinnovo della camera dei rappresentanti il Partito liberaldemocratico (Pld) ha perso la maggioranza dei seggi per la prima volta in quindici anni, segnando così la fine di un’epoca caratterizzata da una serie di scandali che l’hanno coinvolto: dai casi della Moritomo Gakuen e della Kake Gakuen, operatori scolastici privati che hanno ricevuto trattamenti di favore per via dei loro legami con il primo ministro Abe, fino alle strane relazioni con la setta della chiesa dell’unificazione e ai finanziamenti non dichiarati al partito. Gli effetti di questa stagione politica, aggravati dalla svalutazione dello yen e dall’aumento dei prezzi lasciati in eredità dall’Abenomics (le politiche economiche liberiste di Abe), non si fermeranno certo qui.
C’è da sperare, però, che questo cambiamento possa portare a dei dibattiti più proficui in parlamento, e soprattutto che le riforme finora bloccate dalla maggioranza del Pld, come quella sulla libertà di scelta del cognome per le coppie sposate, possano finalmente essere portate avanti e realizzate sotto la guida del Partito costituzionale democratico (Pcd, centrosinistra), che ha aumentato notevolmente il numero di seggi.
La vita quotidiana in Giappone non è per niente facile: il reddito netto dei giovani è basso, i costi della previdenza sociale sono alti e le bollette sono rincarate
Bisognerebbe anche garantire meglio il diritto di voto dei cittadini residenti all’estero. Per me, che vivo in Germania, questa era un’elezione importante, ma il breve intervallo tra lo scioglimento della camera bassa e il voto non mi ha permesso di esercitare il mio diritto. Si poteva votare in un consolato solo per pochi giorni, ma bisognava prima ottenere la scheda elettorale, e non c’è stato il tempo di farlo. Il diritto di voto è garantito dall’articolo 15 della costituzione giapponese. Non sarebbe quindi opportuno realizzare un sistema di voto online per i residenti all’estero?
Detto questo, alle ultime elezioni il Partito costituzionale democratico ha notevolmente aumentato il numero dei suoi seggi, ma sembra che i voti ottenuti nei collegi uninominali non siano cresciuti. È diminuito, inoltre, il numero di seggi del Partito comunista giapponese, nonostante la questione dei finanziamenti illeciti al Pld sia stata sollevata proprio dal loro quotidiano, lo Shinbun Akahata. Il partito si trova anche ad affrontare una serie di problemi antichi, come l’invecchiamento dei suoi politici.
Il risultato più sorprendente è stato ottenuto dal Partito democratico per il popolo, la cui campagna elettorale online, guidata dal leader Tamaki Yuichiro, gli ha procurato un ampio sostegno tra i giovani. Le proposte del partito includono la legalizzazione dell’eutanasia per gli anziani, l’abolizione del “muro di 1,03 milioni di yen” (tassa sul reddito applicata solo a quelli che superano questa cifra) e la riattivazione delle centrali nucleari.
La vita quotidiana in Giappone non è per niente facile: il reddito netto dei giovani è basso, i costi della previdenza sociale sono alti, soprattutto in una società così anziana, e le bollette sono rincarate. Tuttavia, anche alzando la soglia di 1,03 milioni di yen, sarebbero sempre le persone con i redditi più alti a trarne vantaggio. Ma, soprattutto, ha senso una politica che crea una divisione tra giovani e anziani? Non credo. Tamaki ha detto di non aver intenzione di entrare nel governo, ma se continuerà a portare avanti le trattative politiche con il Pld finirà per ridursi a una sua semplice stampella.
Prendiamo il caso della Germania. I Verdi, che inizialmente avevano proposto ambiziose riforme per contrastare la crisi climatica, appena andati al governo hanno dovuto scendere a compromessi, perdendo così molta popolarità. Al contrario, il partito populista di estrema destra Alternative für Deutschland sta guadagnando terreno.
La Germania è solo un esempio; la situazione del cosiddetto “parlamento in bilico”, in cui nessun partito riesce a ottenere da solo la maggioranza dei seggi, è una forza destabilizzante per la democrazia. Può infatti succedere che, per formare una maggioranza, le opinioni di piccoli partiti con pochissimi seggi siano rappresentate in modo sproporzionato.
La paralisi del parlamento aumenta inoltre l’insofferenza dei cittadini, portando a un rafforzamento dei partiti della destra populista e delle idee estremiste. In Giappone formazioni populiste di destra come il Nippon hoshutō e il Sanseitō sono una chiara dimostrazione di questa tendenza. La fine dell’era Abe non sancisce affatto l’inizio di un futuro brillante. ◆ jb
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Questo articolo è uscito sul numero 1588 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati